lunedì 26 dicembre 2011

Dio castigato


Sudo freddo, pogo dentro questo discobar. Non ho molta voglia di farlo, ma si suda anche a star fermi. Questa notte di merda deve ancora cominciare ed è tutta da bruciare. Mi muovo al tempo ossessivo di una techno apripista. Che minchia ci faccio in questa disco sbiadita? Voci afone pompate a centoquaranta decibel, al limite della soglia del dolore. Ballo, e nella mia testa rimbomba la voce di lei che mi dice: non ti voglio più. Non connetto, sudo dentro il mio vuoto. Sono lento ma è come se corressi al limite delle mie possibilità. Vorrei addolcirmi in qualche maniera, ma per il momento posso solo stordirmi di luci e rumore e brutta musica.
Non ti voglio più...
La techno nello stomaco, il rum, la voglia di vomitare tutto. Notte guasta e pensieri. Cosa cazzo ci faccio in questo discobar? Voglia di mollare tutto e mettermi a correre: verso dove? Sgomito e ballo, rabbioso come un cane, voglia di mangiare carne umana.
Nessuno mi cerca. Sudare sudare sudare. Salire sul cubo ballando, alzare al cielo le braccia e dissolvermi, sparire nel nulla, mandare a fanculo il mio Io lucido. C’ho da vomitare e non voglio pensarci. Salgono i primi conati di vomito, ho gli occhi sgranati e folli. La folla di strafacciati non si accorge di me, del mio vomito, del mio malessere: nessuno mi vede.
Salgo sul cubo, alzo le braccia al cielo.
Sono un Dio castigato.
Urlo.
E mi tuffo sulla gente.

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