sabato 9 aprile 2016

Piccola Emorroide

Pomeriggi asfissianti in camera, poster alieni e muri spigolosi, perdere il contatto col tempo reale. Il divario tra il mondo di dentro e il mondo di fuori diventa spropositato, uscire allo scoperto, mettersi a nudo davanti a tutti.
Sono pronto?
Le solite maledette domande, alle quali prima o poi devo dare una risposta.


Le risposte, crude, ridere ridere ostentatamente, rifiutare di rifiutarmi, accettare di accettarmi, brutte sere d’inverno, girare l’angolo e ridere, del marcio che c’è lì fuori, degli sguardi inconcepibili, degli insulti, fare finta di niente, in salita su un calvario appena cominciato....

Il Mondo racchiuso in questa città, piccola emorroide di ignoranza intolleranza, dura aspra stitica. Temo questo diffuso ipocrita moralismo, le turbolenze, i malumori, i flussi così retrogradi da partorire menti piatte, le strade, i vicoli, le zone d’ombra, le case che sembrano tutte senza finestre.
Cerco appigli sicuri: i jeans aderenti, i maglioncini di lana, l’armadio di mia madre, i capelli cotonati mesciati, il beauty-case con i trucchi, lo specchio, il cappotto bianco con collo di volpe.
Una guerra appena cominciata, nelprofondopiùprofondo…


Picassiano


Espressioni davanti allo specchio, smorfie intontite, rigirarsi piroettarsi ammirarsi il corpo, starsene in giardino in mutande a fissare il Vuoto del cielo, quel fastidio per i peli, quel chiudersi in bagno a rasarli.

Poetico in un mondo poco poetico, illuso da parole disilluse, al tramonto, all’alba, distante da un improbabile lieto fine, liquido dentro giorni annacquati, pomeriggi interminabili…

Ho dovuto riscrivere il mio destino, questo mondo non è il mio. Sono un pesce tropicale dentro un acquario scomodo nuotato da triglie. Disagio a denti stretti, creare qualche spiraglio qualche appiglio qualche appoggio. Non mi piaccio, sono diverso da tutti gli altri, sguardo dolce malinconico garbato poco macho.
Certe volte speri che le cose si rimettano in carreggiata da sole. Ho una mente impossibile da penetrare. Verso i diciott’anni, quando i miei amici si imboscavano a pomiciare con le ragazze nei posti più sperduti, io restavo solo: tornavo a casa e mi chiudevo in camera, mettevo su Material Girl, a basso volume in cuffia, e guardavo fuori dalla finestra. 
Il mondo è un quadro astratto, assume sembianze scolorite e picassiane, pensieri quasi spenti senza forma.

venerdì 8 aprile 2016

Luciombre


E' morto, l’ho ucciso.

Un incubo, immagini deviate racchiuse in un labirinto senza entrate né uscite. Lui, un alluvione al contrario cominciata non so quando non so come, nonsoquandononsocome..., in un’età che non saprei ben collocare nel puzzle della mia vita, un’età non precisa ma perfettamente diluita in un tempo senza dimensioni definite.
Lui c’era e basta.
Ritrovarselo all’improvviso dentro, come se fino a quel momento non fosse mai esistito, ammettere a me stesso che lui c’era, una presa di coscienza cresciuta all’ombra del mio Io. Faceva sempre più male, era da fermare con le buone o con le cattive, conlebuoneoconlecattive…

Sono invisibile anonimo non controllabile, ma Sono, non palpabile dall’esterno, incellofanato alla meno peggio dentro questo errato involucro di carne, insano lucido cosciente, io Sono, ascorbico citrico muriatico, al tempo stesso preso dentro luci e ombre, lucieombre...