mercoledì 25 gennaio 2012

AlaDino e i 40 Ladroni


Uno fa caldo
Due non dice il suo nome
Tre ti chiama a mezzanotte
Quattro dice potresti essere sua figlia
Cinque dice di averti incontrata in quel bar
Sei costruisce solo castelli di carta
Sette se ne sta da solo sul lungomare
Otto dice che usi giusto un filo di trucco
Nove dice che non sa niente di te ma conosce bene il suo fegato
Dieci dice che faccio la bella vita
Undici aveva sete ma l'acqua è sempre calda
Dodici dice che non può parlare, gli viene un tono aggressivo
Tredici si ferma al solito bar che proietta la solita partita
Quattordici ha prestato il giorno a Aladino
Quindici dice che la sua dannazione su questa terra è il suo cuore del cazzo
Sedici è tornato a casa con l'anima di merda
Diciassette guarda il mare e gli sembra una corrida
Diciotto ascolta la tua voce al cellulare senza credito
Diciannove vorrebbe gridare ma nessuno lo sente
Venti non ha scuse da inventare
Ventuno parla la stessa lingua senza farsi capire
Ventidue dice che privarsi di te lo taglia in due
Ventitre ci vede pioggia nel suo summer sky
Ventiquattro balla da solo sul bagnasciuga
Venticinque non vuole rileggere questi scritti
Ventisei si sente pensante e pensante come un dinosauro
Ventisette viaggia con la gola secca e la bocca infuocata
Ventotto agisce solo di riflesso
Ventinove rideva felice sotto il vulcano
Trenta aspetta trepidante segnali in codice
Trentuno dice che certe volte mordi
Trentadue prova a chiamare ma non arriva nessuno
Trentatrè sono anni in scadenza
Trentaquattro dice di amarla nella peggiore delle ipotesi
Trentacinque arpeggia sulla chitarra note gradevoli
Trentasei vorrebbe essere più figlio di puttana
Trentasette vuol essere cercato ma non trovato
Trentotto mangia popcorn e lascia i vedovelli
Trentanove ha fatto una corsa all'indietro con la mente
40 6 tu?


martedì 24 gennaio 2012

La Solita Monnezza


Ho un mozzone velenoso tra le labbra umide. Ho lo sguardo storto, respiro profondo e creo pericolosi vortici d’aria. Sul palco per ora c'è una soapopera-band, una di quelle con con tastierina e dischetti degli ultimi trent’anni di musicapop. Non piovono ancora fischi, né uova marce né verdure né pietre.
- Che palle quest’ansia… – dico.
Il pop soporifero cala il sipario. Calano le luci, cala la notte viscida, cala il sangue nelle arterie.
Paura.
Salgo sul palco, siamo unopertutti tuttiperuno, moschettieri di Luigi XIV re del Grunge.
La batteria parte con cassa e charleston fuori tempo. Il suono dei bassi è tremulo, s’allunga più che può sulla lunga tastiera della notte giovane. Entro in scena con una rockdissonanza micidiale, riff bicorde veloce come un intercity in ritardo. Le luci della ribalta, le contorsioni da invasati tipo Kurt Cobain.
Le melodie abbrutiscono l’aria, note troppo oneste per sembrare un rock rabbioso. La piazza si immalinconisce ancora di più, alluvionata da quei suoni/latrati che aleggiano in cerca di spazi da colonizzare. Volano valanghe di fischi, urla sconciosconnesse, soap-parolacce, minacce di linciaggio. Questo pubblico soporiferizzato a arte da tastierine e dischetti, si rifiuta a priori di ascoltare quella catastrofe sonora.
E chi non ascolta non comprende.
- La solita monnezza… - commenta qualcuno.

domenica 22 gennaio 2012

Chi Ha Ucciso Peter Pan?

Aprire gli occhi alle 6 e mezza, la mezzaluce che filtra dalla tapparella semichiusa...
la mente lucida di chi ha dormito a sufficienza e non ha occhi gonfi né alito pesante...
il freddo della casa e il pigiama vecchio stile addosso, fangulo ai boxer al torso nudo e alle t-shirt colorate...
la doccia tiepida e veloce che comunque nessuno sentirà il tuo odore...
il jeans sporco di dieci giorni, la maglia bianca e la polo nera che c'avevi ieri sera, che tanto nessuno t'ha visto e nessuno s'accorgerà...
le scarrpe quelle comode ma retrò, che oggi basta con le sneackers da ragazzini...
il caffè e il cornetto da Crilù, che a quest'ora c'è solo un vecchietto che fuma una mezza sigaretta puzzolente...
la macchina da Matteo, che dice che 'sto carrozzo ce ne aveva bisogno, a 'st'età dovresti avercelo il tempo per...
Tommasino che mi ferma e mi ascolta, poi dice Non ho capito niente delle tue paranoie succhiati una fava arrostita e non ci rompere i coglioni...
forzare il rasoi e radersi, che tanto pelle liscia o barba bianca non ti accarezzerà nessuno...
le mani fredde sulla Eko Blu, provare le canzoni del coro e mandare a cagare quei vecchi riff rock che da giovane ti facevano sognare...
il sole pallido e il vento gelido che ti taglia la faccia, e tu che ti rannicchi che tanto non devi fare la parte del guaglionastro temerario...
la telefonata di lei che dice vieni quando vuoi, se ce la fai che lo che stanotte hai fatto tardi come al solito, ma intanto stanotte alla mezza già dormivo di un sonno senza nessun sogno...
il mio axeman che mi chiama e mi dice Vieni con me che da solo non ce la faccio, okkey amigo ci vediamo là alle dieci e mezza...
rendere omaggio alla salma del grande chitarrista che è morto stanotte e tu invece che pensavi a come fare per non pensare mentre gli altri nel frattempo muoiono...
il vento sulla mia finestra spinge forte, ma non lo farò entrare:
non so se è una fortuna o meno, ma io a casa c'ho le pantofole...

sabato 21 gennaio 2012

46

46 rumori aerei che fanno contatto col relativo quanto giusto valore di questi miei pensieri...
46 grammi di resistenza d'attrito al peso dell'aria...
46 fasi di efficace isolamento dalla mia rigidità dinamica...
46 movimenti prodotti in regime ridotto invernale ma massimale d'estate...
46 elastici che reggono le mie forze che forse indicano certe mie irregolarità distruttive...
46 sguardi combustibili elargiti con classe A1 e non credo cheopporrò più alcuna resistenza a me stesso...
46 metri quadri di paranoie che di notte si trasformano in metri cubi...
46 compressioni impressionanti dentro viaggi mentali ingombranti nello stoccaggio...
46 ambienti negativi dentro i miei respiri in CO2 dispersi dentro tutto il mio finora ciclo vitae...
46 minuti trascorsi a rotolare e ad assorbire nuovi parametri di conduttività termica...
46 dimensioni oltre l'ampiezza dei miei vuoti provati dal calcolo matematico di un einstein depresso...
46 applicazioni marginali su questa faccia di terra e tutti giù per terra...

adesso basta.
Tossisco.
E dico 33.

martedì 17 gennaio 2012

Bar La Morte Ha Chiuso

Il fallimento del Bar La Morte è dovuto ad alcuni punti chiave:

la gestione dei clienti risultava sempre più complessa, più che ordini, i loro, erano disordini
succedeva frequentemente che non confermassero, alla fine, la loro presenza
si muovevano evasivamente, senza mai prendere atto della staticità fissa del Bar
cercavano di creare la situazione, piuttosto che viverla, anzi, morirla fino in fondo
ci provavo a interrogarli sulle loro aspettative, ma facevano, sovente, scena muta
il loro era un annullarsi, annientarsi completamente, polverizzarsi
i miei fornitori avevano smesso di farmi credito a causa dei miei pagamenti a babbo morto
i clienti occasionali si rifiutavano di compilare l'apposito modulo d'ingresso definitivo
il mio muovermi tra loro era sollecito, onde evitare che potessero gonfiarsi e esplodere
la degenerazione del Bar era preordinata, studiata a tavolino con l'architetto Deadnextdoor
il Bar è sempre stato aperto a tutti, purchè non si avesse l'illusione di poterci passare dentro una vita
la sigla E.D.I. campeggiava all'ingresso, e voleva solo significare Esigiamo Disciplina: e loro mi chiedevano: e chi lo dice? Io
il Bar aveva un'utility: rivitalizzare le notti di quanti erano già morti dentro

Il Bar La Morte ha chiuso: per assenza di vera vita.

domenica 15 gennaio 2012

Sputo In Faccia



Sera degradata, calda, malfamata. Sensazioni che non vuoi starci a pensare. Sfrego il mio malessere e mi sento perduto.
Vorrei
inghiottirle
queste sensazioni...,
subissarmi di sequenze oscene di immagini.
Sono intrappolato dentro il mio sperma, che a tutti i costi vuol esplodere. Vorrei divorarla, lei, come carne cruda. Mi sento un cannibale d’una tribù metropolitana. Carne cruda e smog. E lei la mia troia. E sangue di me, guardatemi come mi sono ridotto, imbrattato di schizzi di sangue.
Tamburello nervosamente con le dita sul tavolino, annichilisco dentro respiri profondi.

Quella sera rimasi imbambolato a guardarla scivolare via. Lei mi aveva raccapricciato con parole non dette e gesti non fatti. Cercavo una soluzione sul da farsi. Avrei dovuto mettere in moto tutta la mia potenza e correrle dietro a velocità supersonica. Un vero zulu metropolitano non si concede una seconda occasione. Dovevo starle addosso, non darle tregua.
Invece rimasi muto con la testa stanca che mi ciondolava. La stavo facendo andare via senza fare nulla. Un’altra occasione buttata al vento così. E il vento prima o poi ti sputa in faccia.

33

33 cassetti in radika sovrapposti, e checcazzo nn si aprono
33 abat jour di luce rossa che piano si spengono
33 madonne di bronzo fuso nelle bestemmie
33 drappi di fiori che lentamente appassiscono
33 cioccolatini mangiati al gelo di 0° in maniera troppo unplugged
33 corpi caldi che incontrano uomini sempre più freddi
33 corde di metallo accordate in Mi maggiore e suonate in minore
33 bassi ibanez stracollati dentro un'immagine ancora sfocata
33 telefunken col telecomando con le istruzioni in tedesco
33 flute rosse di prosecco bevuto lontano da me
33 ampolle di filtri d'amore fiacchi come camomilla
33 tazzine da caffè bevute al bar della barista noncurante
33 scatole di biscotti al cioccolato che stravolgono il mio tasso glicemico
33 brindisi con champagne al vento e distanze di 1000 km
33 sedie in arte povera che a guardarmi pover'a mme
33 porte che appena aperte si richiudono con tonfo secco
33 gocce di umidità che appannano i vetri solo sul lato destro
33 packard bell che suonano gli eisidisì e raccolgono i miei script doloranti
33 bloc notes con su gli spirituals e i miei pensieri indemoniati
33 odori forti sui cuscini di rose rosse per te ho comprato stasera

45, per me.
mi resta la mia Colt...

venerdì 13 gennaio 2012

Il Gattone e Capitan Harlock


Non vorrei farmi un autogol nei minuti di recupero. Mi sembra di essere un ragazzino che suona ai citofoni e scappa via. Molleggio sulle gambe e finto una boxe in guardia destra, uno-due uno-due, uffff! Il tipo con la faccia tossica, che staziona a pochi metri da me, ha l'aria di non farsi i cazzi suoi: mi cenna di stare quieto,come se sapesse esattamente ciò che ho intenzione di fare. Lo ignoro voltandomi dall'altra parte: sono pronto a decollare verso l’acclamazione di me stesso. 
Non abbozza neanche due numeri sulla tastiera del cell che il tipo tossico, alzando la mano a mo’ di benedizione, dice:
- Mmmmm, sei proprio sicuro che la vuoi chiamare?
Cazzo, ma ce l'ho stampato in faccia?
Sbrontolo torzostufato, abbandono un attimo l'idea telefonica e mi allontano di altri sei metri. Mi defilo dietro il pilastro del porticato di un palazzo scialbo di un gialloSip. Riprendo il cell, compongo il numero, tichitichitì tichitichità, musichina dei numerini.
Attesa: tuuu, tuuuu, tuuuu….
- Pronto? - faccio la voce da gattone, miao - Ciao… senti… Sono Pierlu, sai il tuo numero l'ho avuto…  da... No, no, è solo che mi sei piaciuta da subito e… Occhei occhei, scusami scusami…io…
Comunicazione chiusa.
Un alieno goccioloso mii cola dal naso. Armo un mozzone sbruciacchiato e tiro un respiro sconsolato. Fuoriesco dal pilastro porticoso, pensieroso e deluso svolto a mancina. Sbatto il muso sulla spalla sinistra del tipo tossico, che a braccia conserte mi squadra con un’espressione sfregiata tipo Capitan Harlock.
- Che t'avevo detto? - dice stringendosi fastidiosamente il naso arrossato.
- Ma… Cazzo vuoi? Che ne sai tu...
- Si vede dalla faccia che a te le femmine non ti cagano...
Si gira lento e se ne va, continuando a sfregarsi con forza le narici sbruciate. Lo seguo con lo sguardo per un po'. Poi fisso di nuovo il cell, il numero appena chiamato: quanto li odio quelli che hanno ragione.


Alien Azione


L'alienazione è alienazione, non è peggio e non è meglio. E' un'imporvvisa anima nera che prende a calci l'anima pura. Non c'è niente che ti possa far passar la paura, è come un lontano e profondo richiamo. Hai addosso un'unica sensazione che non fugge e non riesce a trovare il suo Mister Hyde. Sei un Misterhyde dentro un nulla che parla latino, dentro una notte lurida come una latrina. Il meno che puoi fare è latrare, girare a vuoto dentro te stesso e latrare.  La tua birra zeroottanta è quasi finita, l'odore di questa Strasse di Berlino è inodore, e tutto intorno a me mille alien con il proprio Mister Hyde. Avverti nell'aria uno squilibrio pulito, qualcosa di molliccio che mi assale, la distanza da me stesso è abissale. 
Sapore di sale sapore di mare, vien fuori dalle casse del restaurant italiano, e invade la Strasse. Mi viene un'erezione al pensiero di lei che mi teme come un lupo cattivo. Gli alien in giro ruotano in tondo, sono dentro il loop di questa notte, attenti al loop. Quando nell'aria senti qualcosa di cattivo è come se stessi cercando una puttana. Deglutisco d'un colpo questo caldo Jack Daniel's, e Misterhyde si sbraccia dentro me. Coca whiskey and rock'n'roll, in più l'erezione che mi brucia sopra le palle. 
Devo, a questo punto, ritrovare il mio equilibrio. Ecco, quella lì, proprio lei, mi invita a farmi da vittima. Il mio diavolo non veste prada, strappa brandelli sulla strada. Alienazione alienazione, tutto che gira, che gira, che gira, sono Jeckill ed eccola lì, quella troia...
Alien/azione.


Zucchero di kanna.12


Sono questi i momenti in cui divento introspettivo. Mi chiudo in me. Sragiono ragionevolmente. In che mondo bastardo viviamo. Morite morite, che qua non vi pensa nessuno. Ecco, arriva lei, puntuale come un orologio svizzero: la Sindrome da G.M.A. (Grande Mortificazione Acquisita).

Ovvero:

Radio Pace? Zero.

Box Prove della Rock band? Zero.

Puzzo e le sue storie? Zero.

Prendo d’impeto il telefono, chiamo Pamela e le dico che se mi chiama un’altra volta per il caffè m’incazzo.

domenica 8 gennaio 2012

Vietnam


E' solo un fuoco che brucia dentro me. Spesso è solo un bruciore di stomaco che mi dice di non bere troppo. Una scarica bestiale, tipo una bestia maledetta che mi carica di perversioni.
Non c'è niente di diverso, imbastardire le perversioni serve a diversificarsi. Una finta maschera che rende infinite le priorità e acidi gli ormoni. 
Una combustione di ossigeno che brucia, un inquinamento che mi dà prurito alla gola. Mi prendo per culo e gioco con bambole e profumi, i giorni sono giocattoli senza forme.
La puzza è insopportabile in questa topaia, è ormai inequivocabile: tu non sei qui e io morirò da sola. Ripenso ai tuoi equivoci dentro la tua voce, respiro a fatica e mi manca l'aria.
La tua assenza è traumatica, ho nella testa un rumore sordo che picchia hard. Ho voglia di fottere con uno qualunque, farlo ma senza la parte migliore di me: te. 
Una concezione astratta e un'impalcatura che crolla, ti ho aspettato per giorni, ma tu mi tieni dentro questo assurdo carnevale. Sono la tua puttana, con la maschera nera, una frusta e niente occhi
Non ci vedo più ormai.
Il tuo viso bianco pallido, dentro queste notte da vampiri, è solo una mia immagine delusa. Mi hai succhiata, spompata, scopata come peggio hai potuto, e ora dove sei?
Cazzo se brucia questo vuoto, è uno solo ma brucia. Manca delle tue parole e mi lascia nuda sul letto. Dentro la mia alcolica aria, sbronza, mi illudo che prima o poi possa finire questo mio vietnam dell’anima...


sabato 7 gennaio 2012

Zucchero di Kanna. 11


Mi lascio convincere pure stavolta. Sono uno buono io. Pamela mi viene a prendere alle tre del pomeriggio e mi porta al Bar Haiti, che sta aperto. Solito caffè cortissimo e solite sue minchiate sul fidanzatino bello e impossibile. Eppure si vede che non me ne frega niente, che sto mortificato fino alla cima dei capelli. Solo tu ci mancavi, Pamela, con questa solita trafila di definizioni su lui belloeimpossibile. Vorrei andarmene per non ascoltare/riascoltare. Sulle prime non so che scusa trovare per scappare; poi realizzo che in fondo basta provare a FARSI ascoltare per ribaltare le prospettive. Mi infilo quindi nel suo discorso logorroico e parto con delle lagne depresso-filosofiche. Lei dopo cinque minuti dice:

- Scusa adesso c’ho da fare, ti dispiace se ti riaccompagno?

Brutta stronza. A raccontare i tuoi fotoromanzi sei brava, ma poi quando si tratta di ascoltare i miei?


venerdì 6 gennaio 2012

Graziaddio


- Una serata che più lurida proprio! Non siamo cazzi di organizzarci un minimo di vita diversa, sempre le stesse cose e gli stessi luoghi, sempre silenzi inutili, buchi di paranoie di mezz’ora in mezz'ora, giornate che non valgono ‘na lira…
- E cioè, quando mai potevi evitare di lagnarti? Neanche io sono entusiasta, ma graziaddio...
- Grazziaddio che? Sembra che stiamo a fare le prove, le prove di una commedia già vista e stravista, quando invece c'abbiamo freddo, dentro, e non muoviamo un po' il culo ad accendere le caldaie! E' una vita del cazzo, piena di serrature, e senza nessuno di noi che sappia trovare, non dico tutte, ma almeno una chiave...
- A me mi pare che tu sia incontentabile. Manco a me piace vivere così, ma se mi guardo davvero attorno, graziaddio...
- Ma che grazziaddio! Statti zitto, porcaeva, qua c'è da incazzarsi ogni minuto, e in questo periodo non sto più paranoico del solito!
- Ma vaffanculo va’, che ne sai tu dei problemi veri della vita… Non fai un cazzo da mattina a sera. La gente muore e tu ti lagni. Almeno io, graziaddio...
- Almeno tu, graziaddio, sei uno scassapalle moderato, sei un illuso, uno di quelli che, graziaddio, spera sempre di trovare la sua fatina…
-Io la notte dormo, graziaddio, dormo e riposo. Non mi faccio abbruttire i pensieri, non cerco fatine anche se penso che esistano...
- Vabbè, lasciamo perdere, porcatroia, che con te si finisce sempre a minimizzare...
- Perché io non c’ho paura di vivere, graziaddio, come te lo devo dire? In inglese?
- Thank God...

Decollo e Picchiata


Lei creava un effetto onirico di ombre. Ombre e sorrisi. Era una magia ad arte, un effetto ad effetto. Pochi gesti pochi sguardi, la ragnatela dell’infatuazione. La mia aria da zombi, le cupe luci giallastre e il mio rock dei tempi d’oro. Fraseggi velocissimi di chitarra e l’odore dolce degli alcolici.
Quella volta, dopo l’una di notte. La seguii calamitato, sigaretta accesa, bagliore nel buio. La accostai, spalle alte per incuriosirla. Mi osservava boccheggiante, distante, incerta. Mi faceva comodo avvicinarla così. Gesti sbagliati, affrettati, un paradiso artificiale, un'utopia incollatasi addosso.
Lei mi sorrise, semplicemente. Mi bastò per decollare. 
Un decollo improvviso, in picchiata.

domenica 1 gennaio 2012

Kosakazzo


Kosakazzo ci pensi adesso? Kosakazzo hai rimandato all’ultimo momento? Kosakazzo credi di poter fare ora? Kosakazzo pensi di mollare? kosakazzo vuoi, scappare? kosakazzo dici no invece di dire sì? kosakazzo vuoi ridere? kosakazzo hai voluto? kosakazzo hai aspettato? kosakazzo dici è acqua passata? kosakazzo dici che non è mai esistita? kosakazzo dici che forse era meglio fare finta di non averla mai vissuta? kosakazzo potresti mai fare? kosakazzo vuoi fuggire nudo? kosakazzo vuoi chiedere scusa? kosakazzo vuoi prenderla da parte e raccontarle cosa? kosakazzo pensi a quella notte? kosakazzo potrebbe mai risponderti lei adesso? kosakazzo potrebbe mai? kosakazzo vuoi fare prima che lei arrivi? kosakazzo vuoi dire prima che arrivi il momento fatidico? kosakazzo hai nella testa di così confuso? kosakazzo hai dentro che possa mettere tutto a tacere? kosakazzo aspetti che il cervello torni in standby? kosakazzo aspetti che tutto venga rimosso? kosakazzo aspetti che salga la paura di non farcela? kosakazzo avevi prima di tutto questo? kosakazzo dici che lo sai, ne sei certo? kosakazzo vuoi da quella notte che resterà scolpita nella tua mente? kosakazzo fai nel punto più nascosto della tua anima? kosakazzo potrai mai fare per non ricordare? kosakazzo vuoi che tanto ricorderai lo stesso?

kosakazzo ti giri, hai un nodo in gola, non lo sai, no che non lo sai, non sai perché non l’hai fatto prima, non sai se lo farai adesso, sai soltanto che il ricordo di quella notte adesso è qui, davanti ai tuoi occhi, nudo e emaciato, è stato inutile cacciarlo via per tutto questo tempo, in fondo forse lo sapevi che sarebbe tornato, bastardo d'un ricordo...

Eccola.

Lei ti si avvicina. lei ti abbraccia. lei è è qui con te. lei è sorridente, felice. E tu? Non lo sai, non lo sai.

Eccola. Eccola è qui, dentro il suo sguardo vaporoso.

Lei.

kosakazzo?