martedì 28 maggio 2013

Sono Felice



Sono Felice, di nome e di fatto, e lo sono perché, come pochi non ho nulla da dire. Non so da dove cominciare e neanche se c'è qualcosa da cominciare.
Ma sono Felice, piacere mio.
Sono felice perché non ho animali in casa, ma ho una love story che è peggio di un dobermann. Sono felice di essere Felice, la vita mi viene come viene, e un po' mi viene anche in culo. Non so che cosa fare oggi, né cosa fare domani: ma non mi cruccio, perché sono Felice.
Sono felice di non perdere la testa, sono felice quando non ragiono e quando non ho uno scopo. Quando non scopo sono Felice. Sono felice di essere uomo, ma vorrei essere donna perché a essere donne si è più felici: a essere donna non puoi essere Felice.
Sono felice da sobrio, ma poi mi sbronzo e vomito e torno Felice. Uso sonniferi, dormo e sono felice, ma quando dorme la mia vita torno Felice. Sono felice del vento e di ciò che non divento, no bado al sesso e il sesso non bada a me.
Sono felice se lei è con me, ma quando lei è con un altro sono Felice. Felice non stira camicie, ha l'anima pulita e non deve chiedere scusa a nessuno: solo a se stesso. Sono felice di non aver nulla da farmi perdonare, ma quando il sospetto mi coglie devo scaricarmi: metto tuta e scarpette e vado a fare footing di notte...
a Parco San Felice.

domenica 26 maggio 2013

Un Euro Francese



Non c’è un verso, in questa questa sera senza direzioni. 
Lei ha voluto una vita tutta sua, lontano da me e dalla parodia di me stesso. Non si è disperata più di tanto, ha scritto questo epilogo senza consultarmi: essì che, modestamente, anch'io potevo mettere mano a questa nostra sceneggiata.
Be' lei non c’è più, né qui né altrove.
Puff!, sparita all’improvviso, nessun messaggio per comunicare l'anticipata dipartita. Ha scelto di andare via da me, lasciandomi la scritta in faccia "troppo tardi". Avrei pagato anche un euro per i suoi pensieri, glielo dissi fin dalla prima volta: eravamo ai Tre Archi, un euro per i tuoi pensieri. Ma era sempre sul punto di restituirmelo, il mio euro di conio francese, incapace di rivelare ciò che provava veramente. Un euro e l'avrei fatta entrare nella mia vita, un costo non proprio esoso, secondo me.
Esco dall’auto, colletto della camicia lilla stretto come un cappio. Mi sento come una torta a strati, dolce piacere dell’autolesionismo. Masochizzo questa sera e mi compiaccio di questo fesso epilogo. Questa ultima disfatta sentimentale mi tempera completamente la faccia e mi stira le rughe. Inciampo in una buca nella strada e in un buco di paranoiche illazioni, mi faccio dei flash senza sapore nella testa. Suonivoci che ruotano a velocità supersonica in una vertigine fraudolenta.
Arrivo in piazza e mi vedo: eccomi di nuovo da solo, seduto al tavolino del bar.

sabato 11 maggio 2013

Sono Incinto di Vivere


Sono incinto della paura di vivere la vita così come la vivo. Dice che bisogna saper aspettare, e non saranno nove mesi. E poi ancora aspettare, senza fumare, senza stare fumato, senza cercare di evitare di pensare. Che la vita sia un po' stronza lo sapevo già, ma accorgersene ogni volta non mi va.
E ancora gli stessi sogni ripetitivi, stringersi le mani con le mani. Lo stesso identico giorno davanti ai coglioni, che ti porti davanti, proprio come i coglioni, appeso e nascosto. Faccio fatica a crederci in questo giorno coglione, faccio fatica a credermi, sono anche un po' coglione. Non c'è voglia, non c'è neanche voglia di averne voglia. E poi corri nella notte, chiudi gli occhi e pensi che così non ti sei mai voluto: e neanche evoluto.
Ti sembra che ci siano pochi modi per volare, pochi modi per potersi sfogare, pochi lubrificanti per non svalvolare. Uno potrebbe essere suonare rock a tutto volume, ma sei solo e viene fuori sclerotico. La noia brucia ogni giorno, ti fotte ogni istante mancante. E non c'è follia dentro me, finché mi dimentico di me.
Non ti basta una notte, non hai tempo da riempire. C'è una mano che mi prende e mi sbatte forte: poi ti fumi e ti sembra di andartene via.
Ti rincorri mentre scappi, un po' come evadere in silenzio. Questo rock è diventato epilettico, maneggio la chitarra come fosse un po' troia. Brucio volti nel mio volto, e voci senza senso che mi allontanano da me...

(dedicato a quel dinomimmo brufoloso che lo scrisse nel giugno 1985)

domenica 5 maggio 2013

Marina Marina Marina


Era un ieri, ed era notte.
Ho appena parcheggiato in zona cattedrale, dopo 16 giri dell'isolato per trovare parking. Sono solo, in una dimensione mentale da sentirsi solo. Ho voglia di mandare un sms a lei, sì proprio a lei. Elaboro un messaggio di contatto, pieno di desiderio e consapevolezza di ricevere alcuna risposta. Pigio sul tastino letterina invio: fatto.
Mi avvio a piedi verso l'isola pedonale, fantasticando su ipotetiche risposte anche solo tramite sms. Schiaccio una merda di cani, questa è fortuna
Dopo neanche cinque minuti dall'invio sms mi squilla il telefono, " Vuoi vedere che...?". Apro il contatto senza verificare se la rubrica mi segnala chi è lo squillante, vuoi vedere che....?. E' una voce di donna, ma ci sono interferenze, il segnale non è chiaro ed è distante.
- Pronto?
- Tesoro mio!!! (Tesoro mio????)
- Pronto, chi... sei????
- Oh, ma non... mi rico...nosci? (Mah, la voce potrebbe...)
- Non sento bene... pronto, ma chi sei?
- Sono la... tua donna... preferi...ta! (Ma...possibile che... oddio, possibile???)
- Daì, non scherzare, ti sento distante...Dove stai?
- A pochi passi dall...a cattedra...le... Mi... raggiu...ngi? (E' qui vicino, oddio! Non ci posso...).
- Oh, ma sei...Marina????? (Non avevo il coraggio di chiedere, non riesco a...)
- Sììì, sono... Mari... la tua....! Vieni ci prendia...mo una birra... (Cose da pazzi...e io che volevo neanche mandarle l'sms...)
- Stai sola? (la speranza si dilata, spero che non stia con degli amici,così magari...)
- No... (cazzo!)... C'è anche... mio mari...to... (Marito?????)
- Ti sento sempre meno, oh, ma.... Marina...? Ma...
Scoppia a ridere, una risata inconfondibile di chi non ti chiama mai ma quando ti chiama ti prende in contropiede.
- Oooh , che Mari...na! Sono Mari..sa!!!
- Marisaaaa!!! L'avevo capito subito!!!
Ma vaffanculo Marisa, vaffanculo...

Guns'n'Velvet



I Guns e i Velvet sono due tra le mie rock band preferite. Dovrebbero esserlo di chiunque.
Axl Rose litigò con Slash, si mandarono a cagare. Axl diceva che i Guns' erano proprietà sua, Slash lo voleva menare, e poco ci mancò. Axl delirava guardandosi allo specchio: lo mollarono alla sua megalomania, gli lasciarono il nome dei Guns' e relativi diritti d'autore milionari.
I Guns', quelli veri decapitati di Axl, si riunirono per riformare la band. Ci voleva un singer che non facesse rimpiangere Axl. Ci voleva uno altrettanto folle, ma senza megalomania. L'unico che poteva entrare in gioco e sopportare i Guns' era Scott, uno tra i miei idoli rock preferiti. Dovrebbe esserlo di chiunque. Quello che ti canta Atlanta con dolcezza infinita e Crackerman fatto e stonato, per intenderci. Nacquero i Velvet Revolver, ovvero i Guns + la voce degli Stone Temple Pilots. Meglio di così!
E adesso ti starai chiedendo: e tutto 'sto discorso che c'entra?
Solo per dire che quando dentro di te ti senti Guns', finché non trovi la donna Scott hai voglia a delirare da solo dinnanzi allo specchio...