sabato 31 dicembre 2011

LaSmadonna di Pompei


Il cornetto con la marmellata che sbrodola il caffè che sa di amaro il tipo del Crilù che mi fa gli auguri ma sto troppo addormito per capire perchè...

la mariatrudy che mi coglioneggia in chat, che mi chiama mimmo e io le dico finiscila e la raffaella che dice stasera proprio no non può venire magari viene solo Ugo...

il tiro al bersaglio che è chiuso e la winx protesta e per rimediare le compro un libro di streghe e vampire e finalmente lei dice sei forte papà e io mi sento un po' meglio di gianni morandi...

la fame da lupi che è la chimica di stanotte e mammà che non è pronta e le dico ma quando mai e lei dice tu vieni sempre all'ora che cazzo vuoi e allora mo che cazzo vuoi?

Due ore di collasso di morfeo senza una minchia di sogni solo un rigirarsi albuio senza capire se era giorno o notte

ugo che mi chiama e dice arrivo e poi chiama e dice sto llà tra un quarto d'ora e poi chiama e dice sto arrivando e tanto chissenefrega che lo conosco a Ugo e non faccio trovare pronto quando arriva

e il caffè da garibaldi e la Teresa che poi arriva e si presenta con Ugo e Ugo propina tutte le teorie sull'heal up heal down e poi spara due filosofie che la Teresa mi dice ma allora tu scrivi niente di tuo è tutta roba che rubi agli amici tuoi e io dico e che non lo sapevi?

E mollata Teresa ce ne andiamo verso il paesiello che Ugo dice però io massimo alle 8 devo stare di nuo a Foggia e dico e vabbè mo non ti mettere in cuollo a scassare la minchia con l'orario

e al paesiello poi al bar quello meno sgarrupato che stava per chiudere e Peppe ci fa la faccia tipo ma sti scassapalle e Arturo dice facciamoci un prosecco e Ugo sbuffa e noi ce lo facciamo lo stesso e c'è che poi anche Leopoldo usufruisce del liquido più suo cognato che continua a dire siete i miei miti quando mi faccio vecchio come voi voglio pure io andare a sballarmi al bounty di rimini...

e a un certo punto che mi viene la fregola e vedo l'acustica Yamaha e devo per fora lasciare un messaggio sonoro a questo ambiente e l'inforco e le mani fanno da sole im my blood dei black stone cherry che la sento solo io e chi dovrebbe ne annuserà la scia che arriverà a quel bar laggiù in città...

e il paese dei monti dauni dove arriviamo e è deserto e non c'è nessuno e fa uno straccazzaccio di freddo aspro e io e Arturo ci aggiriamo per il centro storico che è onirico e silenzioso tanto che dico che sembra di essere in una landa nordica dentro a una fiaba e Arturo mi asseconda e dice hai ragione ecco, vedo due gnu...

e il locale loculo sulla montagna in bellavista che si vedono tutti paesi nella notte limpida si vede Pietra si vede Lucera si vede Foggia e si vede un altro che non si capisce e io dico ma quello che è non si capisce e allora Lorenzo dice quella è una pista di atterraggio...

e i primi e i secondi e i paccanelli e i torcinielli e le mazurke e le tarantelle e le triglie e le quadriglie e la tipa greca e le tre tipe mute al tavolo e il chianti e la mozzarella in carrozza e Arturo che spazzola tutto e non lascia niente a nessuno e il trenino e poroppoperopperò e la salsa e i santaesmeralda...

e la mezza e i fuochi e la mia amica che mi chiama da Roma dove sei? Sto ai fori imperiali sto ubriaca di coca e rum c'è un milione di persone sono felice tanti auguuuuriiii e tu dove stai dinomì dove stai dove stai dove stai???? e dove sto porcadiunatroia dove cazzo sto????

e all'una moì basta mi sto spaccando i coglioni che neanche ad addis abeba dove sta la mia amica africana potrebbero, porcazozza basta che duepalle, io me ne vado e Arturo che dice ma dove vai ma mo perchè ma non, ma basta dico io vado ci si vede...

e la piazzetta a Foggia piena di guaglionastri e sballatelli e gioventù a frotte nei locali e il buco in cui entro e scolo un rum e la tipa tirata a lucido, sola che ballonzola al ritmo di una tecno pompata a tutto volume che si avvicina piana e mi ammicca e io mi allontano in fretta ma vattene un po' affanculo anche te...

e passare sotto l'arco dell'addolorata, addolorato, col freddo che mi magna e fermarmi davanti alle luci soffuse della chiesa dell'addolorata, da dove quelle notti d'este, alle tre telefonavo, e fissare in alto e vedere stampato a fuoco il volto della madonna di pompei...

resto fisso a guardare, accendo una siga e smadonno.

venerdì 30 dicembre 2011

Tramonto Rosso Non Avrai il Mio Scalpo


Quel mio Tramonto Rosso mi guardava da laggiù, le due puttane sulla piazzola di sosta in primo piano, i Black Stone Cherry alla radio e lui lì: il Mio Tramonto Rosso, sullo sfondo. 
Questa notte è così, rossa: il monitor rosso, il posacenere pieno di cicche rosse, le camel red, il libro di Baricco rosso, la bottiglietta di Allure rossa. E' un attimo particolare, pieno di noia che non chiarisce un bel cazzo. E' notte e basta, gli umori adesso hanno perso i ritmi quotidiani, la mia anima si disperde nella dissolvenza per nulla morbida di quel Tramonto Rosso. Mi confondo tra le angolazioni e le illusioni ottiche,

non riesco a stabilire punti di contatto definitivi. Sono pieno di limiti, non riesco a intravedere nulla tra le flessioni della mente. Un’emozione forte mi sfiora in un attimo rapidissimo, è come un soffio asmatico tra astrazione e tempo reale.

Quel Tramonto Rosso durò poco, era fragile e ultimo e profumato, aveva il volto preciso di lei al buio. Scivolo sulle emozioni e sfumano i suoni nella mia mente, me ne strafrego dell'happy ending e dell'happy starting. Mi perdo comunque la definizione delle luci, sono sempre l'ultimo a comprendere e il primo a dimenticare il significato ottico del giorno: il colore giallo è troppo forte.

Quel Tramonto Rosso, quando lei non c'è,  è proprio Nero...

Parolarsi Addosso


Mi andrebbe anche un po', di parlare, non di dover parlare, non di parlare virtuale, ma di parlare in faccia, di parlare ogni volta, di parlare cercando e di parlare e trovare, trovare te per parlare, parlare di me e di lei, e dire come va?, parlare per non riparlarne, parlare a uno stato d'animo, parlare complicato perché non è facile spiegare, parlare ballando il kuduro, parlare per provarci con quella, parlare per pensare e parlare a una camel lights.
A volte parlarsi addosso, anche...

lunedì 26 dicembre 2011

Dio castigato


Sudo freddo, pogo dentro questo discobar. Non ho molta voglia di farlo, ma si suda anche a star fermi. Questa notte di merda deve ancora cominciare ed è tutta da bruciare. Mi muovo al tempo ossessivo di una techno apripista. Che minchia ci faccio in questa disco sbiadita? Voci afone pompate a centoquaranta decibel, al limite della soglia del dolore. Ballo, e nella mia testa rimbomba la voce di lei che mi dice: non ti voglio più. Non connetto, sudo dentro il mio vuoto. Sono lento ma è come se corressi al limite delle mie possibilità. Vorrei addolcirmi in qualche maniera, ma per il momento posso solo stordirmi di luci e rumore e brutta musica.
Non ti voglio più...
La techno nello stomaco, il rum, la voglia di vomitare tutto. Notte guasta e pensieri. Cosa cazzo ci faccio in questo discobar? Voglia di mollare tutto e mettermi a correre: verso dove? Sgomito e ballo, rabbioso come un cane, voglia di mangiare carne umana.
Nessuno mi cerca. Sudare sudare sudare. Salire sul cubo ballando, alzare al cielo le braccia e dissolvermi, sparire nel nulla, mandare a fanculo il mio Io lucido. C’ho da vomitare e non voglio pensarci. Salgono i primi conati di vomito, ho gli occhi sgranati e folli. La folla di strafacciati non si accorge di me, del mio vomito, del mio malessere: nessuno mi vede.
Salgo sul cubo, alzo le braccia al cielo.
Sono un Dio castigato.
Urlo.
E mi tuffo sulla gente.

domenica 25 dicembre 2011

Animanimale


La mia musica - l’aria - il nulla - sollevarsi - il carillon - la vita - le bestemmie - mille draghi - infiammarsi - il cuore - gli occhi - mille coltelli - la strada - fottersi - i pensieri - inghiottirsi - Io cosa - Io faccio - le notti - lupi morti - diviso - di viso - Io con me - il mio nulla - il mio carillon - inseguirsi - spegnersi - un incendio - oltre - il casello - vado non vado - chi urla? - un caldo caffè - Dirty Frankie - dirti qualcosa - sbattersi - l’alcol - in alto - confuso - la Ragione - perfetto coglione - piangere ridere - le ombre - poi chissà - sticazzi - facce inutili - facce da duri - fottere l'ignoto - cento chilometri - qui - veloci - non si torna - vento divento - ululare - animanimale - scazzare - finire - non so non sai - verginei - emozioni fredde - abbaiare - silenzio castrato - abbraccio - anima di vino - andarsene...

Ballad


Ci sono sei note d’una ballad che si accordano dentro di me dentro la mia testa. Creano un vortice d'aria psichedelica, con una sua forza, la stessa dentro questo mio tempo lento. La mia ballad gira molle nell'attesa che mi si infiammi il fegato, che si scaldi anche solo per un attimo tutto quello che è mio. Questa notte non ha nulla di morbido, peccato, l'importante è che non sia stata una di quelle giornate che spinge verso la sera.  La notte finisce in note, sei note d’una ballad dentro la mia ballad. Accendo la luce e sono vivo, semi esploso dentro me,ma vivo, evviva, mi faccio il segno della croce, lascio un segno e giro su mestesso, una giravolta rapida, la mia silouette, e questa è come una danza, un languido tocco qui sopra il mio letto, e le note della mia ballad sono io, inesorabile l'attimo che scorre, e la mia anima candida di neve canta e si lascia cantare o anche incantare, il vento freddo dell'inverno che mi sta portando via, chissà dove però, e allora portami, è inutile starci a pensare, e allora portami, dentro le sei note di questa mia ballad che non balla dentro me, questa mia musica interiore di sottofondo che scorre sullo sfondo e mi sfonda, tanto che resto sbucato da nord a sud, tanto per non dire che io mi disegno da me e dipingo le mie albe, scialbe, mi circondo di silenzio silenzioso e di respiri irrespirabili, che alitano alcol sulla mia ballad di sei note, sei note d’una ballad, non una di più, prendo il volo, dai che vivo in un attimo solo , sono picchiato in picchiata verso l’alto del blu del ciel, e mi parlo, io mi parlo che mi parla qualcosa, cosa mi parla non so, certo è che mi parla, sarebbe poetico dire che è la notte, che parla, e invece sono io, che mi parlo, dentro le mie sei note, ignote, peggio del mio Io, inenarrabile, l'Anima di neve è una finta, è solo un bianco astratto privo di senso, e il vento ridiventa caldo, bollente come febbre, vento e ghiaccio, rispetta la mia sete, e portami.
Portami, verso la mia settima.

Zucchero di Kanna.10


Anche questo venerdì in attesa di chissà che. C’è un’aria fredda che gela le intenzioni. Mi lascio ben bene gelare. Certe volte il freddo ti anestetizza i pensieri.

Artù fa girare un paio di canne e io mi succhio tutto il cervello.Che t’aspettavi da questa serata congelata? Dopo mezz’ora sto tutto rincoglionito e mezzo addormentato. Maria A Pacc non fuma. Lei è una che non sempre si lascia scivolare. Verso l’una mi prende per il collo della giacca e mi trascina via.

- Basta Puzzo basta canne – dice, con un tono infastidito.

Non capisco.

Mi prende le chiavi e guida la mia macchina, di prepotenza. Lascio fare e vegeto sul sedile a fianco. Sotto casa sua l’ultima sigaretta, diventata quasi una prassi. Lei non dice una parola, si vede che sta scazzata. Io comincio a ridere da solo e allora lei mi guarda in faccia e dice:

- Sei un cretino a ridurti in questo stato, lo capisci che qualcosa deve cambiare?

Sbatte lo sportello e se ne va.

Questa non l’ho capita.


sabato 24 dicembre 2011

Bibidi Bobidi Bu


Lei è la puttana che sta sotto casa mia, all'angolo tra la Madison Avenue e Via Rosati. Non mi faccio troppe illusioni, non riuscirò ad avvicinarla, almeno finché continuerò ad abusare di farmaci e pensieri lerci pornografici. Potrei offrirle un goccio al bar, nelle sere fredde d'inverno, ma mi sento come un chiodo arrugginito, un povero GesùCristo che nessuno implora.
Cala una penombra al crepuscolo, la guarda dalla finestra e mi scopo l'anima. Lei ha l'aria da strega spettinata, ed è questo che mi perpetua il gusto. A osservarla da qui finirò per invecchiare di colpo. La vita non la si vive freneticamente, ma neanche sbattuti nel nulla. Questo vuoto mi spompa,  ma non mi spompina, 
è invitante ma anche strafottente. Non ho la bacchetta magica, non ho stelle e passo le notti a scherzare con la mia mente seriosamente. Lei è fredda e distante, dovrei trattarla con in guanti bianchi ma non è una struggente storia d'amore: è solo ormone solitario rattristato. Sono anche balbuziente, parlarle mi metterebbe in surplace in ogni istante.
Che vita puttana è mai questa? Mi manca la parola magica, Bibidi Bobidi Bu...

Come un Cocorito


Era febbraio, non c’era tanto freddo. Stavo bene in un giubbottino priminverno, aderente, appiccicato addosso. Lei aveva il solito look intrigante e un pallore di tutte di troppe ore chiusa tra quattro mura. Mi veniva incontro scansando auto che strombazzavano gagliarde e facevano volgari apprezzamenti sul suo posterior. Io ero al margine del marciapiedi opposto, senza un motivo logico, senza una vera e propria pretesa.
- Che cazzo hai da ridere? - disse.
- Il mio… - risposi guardandomi la patta dei pantaloni.
Ci incamminammo. 
Lei sparlava sparlava, della sua vita tosta e/o pallosa, delle giornate che scorrevano lente, una lunga sfilza di argomentazioni scoglionanti che però a me sembravano interessantissime. Per i primi due/tre quarti d’ora rimasi in silenzio di tomba a fare sissì con la testa come un cocorito. Non riuscivo a far altro che sparare ogni tot minuti una freddura che non faceva né ridere né piangere.
Arrivammo davanti a un palazzo annisessanta, sfaldato e fatiscente come i miei propositi di salire da lei.
Mi invitò a salire.
Mi fece accomodare in cucina e tirò fuori una bottiglia di Martini. Mi scolai con estrema facilità un paio di bicchieri, anche per allentare la tensione che il muoversi tigrato di lei mi provocava. Rimasi lì seduto imbalsamato, più o meno, a sentirla monologare sulle difficoltà di relazionarsi da subito con qualcuno. Provai un forte senso di irritazione: magari non era vero affatto. Il suo era mettere le mani avanti per non cadere. 
Accennai ad alzarmi, goffamente, mostrando chiaramente la voglia di andar via.
Lei mi rimise a sedere, toccandomi sulla spalla e sorridendo appena.
- Spogliati - disse - e vieni di là...

Tutto Sui Diesis


Un corridoio verso il mio cuore in agonia. Le mie stanze, i miei pensieri stagnanti. Sono un bimbo alle prese con un giocattolino componibile, incapace di montarlo pur conoscendone la sequenza di montaggio.
Sorseggio coca lemon, le mie asciate di depressione. Temprato come l’avorio dei tasti d’un pianoforte, una situazione da suonare tutta sui diesis.
Lei mi guardava di sbieco tra una nota e l’altra, razionava bene i tempi e le pause. Accoglievo i suoi sguardi con un’espressione poco intrigante, pallido come un cadavere nel mio io più distante. Tiravo fuori un sorriso impacciato e mal accomodante, incapace di reggere quel confronto oculare. Lei ravvisava il mio disagio, per trarmene fuori ordinavo Martini Dry. 
Voleva dire che non ero ancora diventato uno zombi.
Ma poi non si voltava mai a guardarmi.

Sopra Le Rughe

Sto sempre di pessimo umore. Devo far pulizia, troppe sensazioni che non fanno bene il loro mestiere. Poi mi lasciano in bolletta. Necessitano approvvigionamenti. La sera alle sette si apre un conflitto d'interessi dentro me: fino almeno all'una è un mezzo mortorio. Non c'è mai la benché minima variante. Voglio annegare nel primo pomeriggio. Mi sento chiuso. Ce ne stiamo in casa io e me medesimo a guardarci un film in streaming. Screaming for vengeance. 
Sto sempre di umore un po' scazzato. Anche questo week end non cambierà niente. Mi sopporto. Sogno un presballo alcolico da incubo. Non vado in un discobar damesi, non scopo da anni. Non invidio nessuno.
Il Sabato bevo birre alla spina a tutto spiano, fino alle due di notte. Mi chiudo del tutto, stanco e senza fantasia. Ogni giorno scopro una ruga nuova: mi sento uno sopra le rughe...

Tango


Così, ad un tratto è andata via, soffiata nel nulla, come alcol evaporato. Ha bruciato il tempo mentre correvo ai margini della tangenziale, rabbuiando tutti i miei angoli bui. Ho fatto finta di niente, nell'autoradio di nuovo quella canzone moscia degli Eagles. Ho freddo adesso, e il silenzio un po’ retrò mi fa rannicchiare dentro al paltò. Ma non dovevamo parlare? Non avevi proprio nulla da dire?
Niente luna in città, era un mercoledì e fumavo da solo al bar un drink malandato. Mi ha lasciato il vuoto a parlare dentro me. Questa storia non è mai cominciata, non c'è più un’alba nitida dentro le mie idee. Ha fatto bene da starci male...
Non so che fare domani, magari m’invento e catalogo i miei Me. E' come ballare un tango pestandosi i piedi. Sembrava una cosa seria, ma se poi ritorni solo in un bar...
Ci rido da matti, e isterico non mi fermo più. La notte resta senza fiato e la saliva non va giù.
Proprio così, è andata via...

venerdì 23 dicembre 2011

Elmo Barnett Suona Ancora


La sua anima era troppo, come quelle anime che si cercano tutta la vita. Accadde quel giorno, era d'estate e c'erano flash di bagliori solari e luci intermittenti che ammiccavano nella sua testa. Lui cercava il paradiso, e gli pareva d'averlo trovato. Gli sembrava che ci fosse finalmente anche un buon motivo per vivere. e forse anche per morire.e quando vivi, o muori, non c'è mai un buon motivo.

Elmo Barnett se la fumava la vita, tutta fino al filtro, e poi la buttava via senza sospirare. Accadde quel giorno, era d'estate, e il suo paradiso finì lì, di colpo. Lei lo troverà, solo lei sa dove ritrovarlo. Lui sputa catarro e sangue e suona, suona ancora la sua chitarra blue, corde in metallo tagliente, accordatura perfetta. Suona da solo, per strada, e solo lei lo fermerà, solo lei riuscirà a fermare quelle note acide e senza odore.

Era una fresca notte d'estate, una notte lunga, collinare. Elmo ci aveva provato, col suo paradiso, ma a un tratto lei l'aveva deviato, così, senza preavviso. Voleva suonarle quel suo dolce swing, ma lei non ascoltava. E ora chissà dov'è, dove saranno le note graffianti del suo dolore blues? Sta cercando la sua alba, sarà l'ultima o la prima, e poi lei lo chiamerà, sì, ne è sicuro, lei lo cercherà.

Fermarsi ora non ha più senso, o forse non può proprio più farlo. Lui le aveva preso la mano, le aveva detto Lasciati andare solo un po’, Prendi la mia mano, Prendi la mia mano...

Lei aveva due occhi e uno sguardo nerissimo, ma Elmo aveva il fiuto della follia, una follia da superstrade buie a 180 all'ora di notte. Lui sapeva che lei era lì per lui, a sconvolgergli il sonno, a colorargli i sogni. E adesso Elmo si butta via, dentro il suo blues acido di merda,

Accadde quel giorno lì, d'estate, con l'odore delle colline e i grilli e tutto. Lui adesso corre scalzo, senza voltarsi, e lei lo guiderà, anche a distanza, tra mille suoni fantasma e mille scale pentatoniche sature di note fantasma e rumori grezzi. Ma lei davvero dove lo porterà? Elmo Barnett è fuori dall'alba di lei, naviga a vista nei ghetti della città.

Elmo Barnett fuma da dannati, ha gli occhi socchiusi e la chitarra scordata.

E non ha più un suo odore...


mercoledì 21 dicembre 2011

Zucchero di Kanna.9


A fare le ore piccole, non credo di poter reggere all’infinito. Mia madre, quando mi vede così, dice:

- E’ possibile che devi tornare sempre così tardi? Quando la metti la testa a posto?

E così mi viene un mal di testa da stare di umore nero tutto il giorno.

Quando un tuo amico ti spiana in faccia quello che c’ha dentro, e sto parlando dello sfogo di Maria A Pacc, ti rendi conto che è la stessa monnezza che c’hai dentro tu. Ti prende quella sindrome da Grande Mortificazione Acquisita dalla quale non puoi liberarti così.

E a dormire non ti fa dormire.

Me ne vado al Puzzo, solo solo mogio mogio. E succede una cosa strana: arriva Pamela e non mi caga quasi per niente! Quando mi ha assillato con i cazzi suoi m’aveva rotto abbastanza le palle debbo dire, mo’ che invece mi lascia in pace mi viene il nervoso. Nutro una specie di odio nei suoi confronti, perché un tempo l’ho corteggiata e non glien’è potuto fregare di meno. Forse perché non c’ho il Mercedes, quello vecchio tipo. Perciò mi fa rodere il fatto che c’ha il ragazzo ed è contenta.

La vita certe volte non ha il senso della giustizia, se permette a questa stronza di essere felice col suo pseudo amore mentree a me mi lascia solo come un cane a rimuginare sulle mie monnezze interiori.

Me ne posso anche tornare a casa a dormire, allora. Con l’incazzo al posto dello scazzo.

E con l’incazzo si riesce bene o male a chiudere occhio.

Nero Natal (Singing a Gospel)

Let It Snow, che magari ci seppellisce tutti e la facciamo finita una volta per tutte
Oh come Holy Faithfull, vieni vieni, riempici tu, visto che è da un po' che siamo svuotati
Silent Night, che più silenziosa non si può, solo umidi pensieri condensati sulle pareti fredde
The Christmas Song, che magari lui se la canta e lui se la fischia, visto che non c'è proprio nulla da cantare, soprattutto a Natale
Over The Rainbow non c'è niente, inutile sfegatarsi a cercare lontano illusioni colorate che prima o poi svaniscono
Alleluia, forse ce l'abbiamo fatta a convincerci che 'sta vita è così e basta, senza appelli
Have Yourself A Merry Christmas, ma solo per te stesso, che si sa che come ci metti in mezzo gli Altri va tutto a puttane
White Christmas un cazzo, che di bianco ce l'avevo l'anima, ma forse a tre anni, mo' è zozza e intasata di nicotina
You've Got A Friend, forse tu sì, ma io no
Jingle Bells, suonate campane, c'è il mostro nero elettrico
So This Is Christmas, è proprio questo, uguale sputato a tutti gli altri, paraculo e fasullo
Oh Happy Day, questa me la devo segnare, sì, Happy, see!
Amen,
e ho detto tutto...

lunedì 19 dicembre 2011

Fumo Chewingum


Palpebre mi si chiudono, valvole cardiocircolatorie pesanti come saracinesche. 
Questa storia ha chiuso i battenti e forse non riaprirà più. O forse questo è l’inizio, un inizio qualsiasi che non ha bisogno di nessuna fine per finire e neanche di un buon inizio per iniziare. Immagini dal passato che si mescolano una dietro l’altra, si impastano, puzzano/profumano nello stesso tempo.
Minuti agghiaccianti che non passano.
Sudore, sudore freddo appiccicato sulla pelle.
Sarà terribile, me lo sento.
M’infilo in bocca una gomma per attutire l’effetto alito. Un’altra sigaretta. Sono pallido, congestionato in una sudorazione eccessiva. Mastico mastico, e fumo. Non so cosa faccio, fumo chewingum mastico tabacco. Vorrei la mia oasi di pace.
Uscire da questo lungo corridoio poco illuminato.

Cuore in Culo


Corro corro dentro me, corro come uno stronzo, il telefono ha squillato per lunghi attimi, corro dentro e corro fuori,non ho indirizzi utili ma corro, non ho nulla da offrire, e corro, corro una beata minchia, non sono preparato, sono insufficiente, sto particolarmente flesciato, in questo periodo corro, senza accennarle nulla, senza che lei m'abbia accennato nulla, corro lontano da casa, corro nella notte lontano da cani che abbaiano, corro solo per questa notte, non avrò nulla da dire, non ho nulla da concludere, ho perso la calma, corro col fiatone e il cuore in culo.
Corro, ma sono fermo dentro me. 

sabato 17 dicembre 2011

Zucchero di Kanna.8

Ho così tanto bisogno di me che mi mando a fangulo da solo e esco. A morte tutti i pensieri morti. Io sono così: un atteggiamento tipico di tutto il genere subumano, la contraddizione.

Al Puzzo sto da solo, tutto il tempo seduto su uno sgabello al banco a fare lo sguardo da duro verso un paio di fighette, una bionda con la faccia da porca e l’altra bruna con la faccia da porca. Non mi hanno cagato per niente. Poi arriva Pamela, guardacaso, e fino alle tre di notte è di nuovo la stessa cantilena.

-...sai, mi sono fatta il ragazzo, te lo devo fare conoscere, è bello alto e simpatico, c’ha il Mercedes però quello vecchio tipo, lavora in banca e è uno che mi lascia fare tutto quello che voglio, e perciò mi sento libera ma veramente, e sono un sacco contenta...

Ma che palle...



Un programma schifoso a Radio Pace. Nessuno negli studios per cui niente sigarette da scroccare. Mi faccio un po’ di sepolcri, veloce sequenza di giri pedestri nei vari locali della Piazzetta. Mi alcolizzo un po’. Non trovo nessuno in giro. Se non ci fosse lui, il Grande Amico Etilico, a scorrere dentro le vene, tutte queste serate sarebbero fredde veramente.

Verso l’una becco Maria A Pacc per strada che mi chiede un passaggio. Io prima tergiverso, che la macchina ce l’ho quasi a secco, ma poi l’accompagno. E' strano trovare Maria A Pacc da sola a quest’ora. Sarà depressa…

Sotto casa sua si vede che non c’ha voglia di ritirarsi.

    - Ci facciamo l’ultima sigaretta?

    Su questa sigaretta, che dovrebbe essere l’ultima e invece se ne va tutto il pacchetto, Maria A Pacc si apre a ventaglio. Parla e parla, di se stessa e di tutte le paranoie che c’ha dentro, di quanto le piacerebbe trovare un vero motivo per sognare, di quanto è difficile trovarlo, se esiste, di come vorrebbe un lavoro come si deve e un amore come si deve e una vita come si deve. Io mi sono un po’ shoccato a sentirla così triste.

Che mi potevo inventare se non il solito Vedraicheprimaoppoi?



6


6. fuori dal mucchio
6. un occhio qui fuori
6. nodo di notte
6. brividi sui pori
6. accordo che skunka
6. note d’un samba
6. in custodia cautelare
6. due occhi e una bomba
6. qui con me alle 3
6. algebrica e esponenziale
6. baccano di parole
6. sbando da baccanale
6. richiamo del richiamo
6. feeling che sgomma
6. energia da scimmia
6. oblio che infiamma
6.6.6
Sono come vuoi?
6. 16 no
6. incognita ics
6. lontana di giorno e da qui
6. il mio fumetto di Tex
6. le stelle più brillarelle
6. cazzo che palle
6. sudata sulla pelle
6. mille
6.6.6.
Sono come vuoi?

venerdì 16 dicembre 2011

Tutt'occhei


Ho fatto rifornimento di drink, me li scolo tutti d’un fiato, fino a perdere la vista.
Questa notte è una mossa falsa. Qualcuno mi chiede se è tutt’occhei, ma non è tutt’occhei. Arrivano un minimo di rumori di vita, una vita che mi passa attraverso senza sfiorarmi. I miei pensieri non rispettano i limiti di velocità. Non mi lascio intimidire dalla segnaletica nella mia testa, stanotte saranno cazzi. Una inquietante logica si dimena nel mio cervelletto. Brutti pensieri e relative implicazioni, annessi e connessi, somme e totali, percentuali di sconforto. Una partita doppia d’una contabilità confusa fatta di date e giorni e orari. 
Che a ripensarci adesso, mi si crea un vortice da incubo. Questo incubo è un vortice, mulinella frammenti imbastarditi di ricordi e ne tira fuori frullati ansiolitici.

Soloesoltantodentro


Il suo sguardo dentro un fiore di ghiaccio. Riesco a sentire il suo odore mentre balla tra le luci psychocolorate come una star. La mia stella non brilla stasera, sono come uno sceriffo pallido e solitario seduto nell'angolo lontano del saloon. La musica tecno fa down and down, butta giù i propositi uno dopo l'altro. La scena che vedo mi è caduta addosso, come il suo sguardo di ghiaccio. Come uno shock, dentro dentro la mia testa a cominciato a elettrizzarmi. Lei sorride a tutti, non a me. Ho la gola intasata, ma non voglio bere. C'è una voglia pazza che mi spegne, mi colora di toni di grigio in questa notte fumè. Calma piatta e onde sonore a diecimila, ore 3, dentro una scena ultima zigzagata di luci al neon. I silenzi sono troppi, questa acid dance mi ammutolisce. Resto fino alla fine per poterla osservare mentre si muove dentro la musica. Poi comincerà una fuga lunga e assurda lontano da tutto questo, schizzare dentro una vena un miracoloso veleno.
Fanculo, soloesoltantodentro...

Zucchero di Kanna.7

Stasera non voglio uscire, Non voglio uscire mai più. Resto a casa buttato sul letto a leggermi due pagine della Nausea di Sartre. Non ci capisco niente. Sto a terra. Sto sottoterra. Voglio una donna tutta mia su cui appoggiare le mie lacrime. Voglio una storia tipo Pretty Woman. Voglio essere io il suo pretty man. Voglio uscire da questa brutta spirale depressiva. A trent’anni non è possibile sentirsi così morti dentro. Così appassiti. Odio la Cidiemme. Odio Pamela. Odio il Puzzo. Odio questà città parassita. Odio tutto quello che vedo e che non vedo. Odio tutto ciò che i miei sensi registrano e non registrano. Mi sento un barbone senza casa e senza futuro. Mi sento perso in questo labirinto.

Mi sento male.

Mi sentite?

Qualcuno mi sente?

Ho bisogno di me.


mercoledì 14 dicembre 2011

Palicao al Cioccolato


Per scazzarsi necessita lo spazio giusto, che in genere si colloca ai bordi della sera o a tarda notte. Mi perdo in uno stato sognante, come se seguissi una scia o un'atmosfera imprendibile. Vegeto sul divano con un finto occhiare saggio, alla ricerca di un sia pur piccolo miraggio. Del mio divano e di queste sere sono ostaggio. Mi beatificala totale assenza di eventi, e provo per questo me stesso appena appena una pena. Scazzato è un sinonimo, dire sgozzato sarebbe uguale, perché è come lasciarsi tagliare la gola dalle false intenzioni. Dovrei assumere un atteggiamento da furbetto, avere l'aria invitante, anziché bruciarmi le labbra fumando la sigaretta fino al filtro. 
Stanotte però ho un'aria strafottente, anche se non sono ispirato. Ho uno scazzo sparato, mi guardo le gambe pelose e mi sembrano sexy. Ho gli occhi fatti a cubetti, sbracato sulla poltrona mangio biscotti Palicao al cioccolato. Mi sento fragile e infrangibile, impalpabile come questi biscotti: proprio come loro, a lasciarmi inutilizzato per troppo tempo mi rende acido e rancido. Sono invisibile e questo mio Nulla è, al peggio, una pena che patteggio. Questa mia comicità mi spavanta, e questa mia paura mi fa ridere. Mi sono scazzato addosso, mi sento brutto con le gambe sexy, mi agito con in bocca i biscotti. Sono pieno di forfora e i capelli gelatinati penzolano come piccoli tarzan alla liana.
Il problema più grosso è che ho finito i tranquillanti...

Incubatore di Incubi


Sono un incubatore di incubi.
La metro è affollata, soprattutto questa linea, la linea verde. Il treno arriva all'improvviso, ma lento. Si ferma ed entro insieme ad altre migliaia di persone. Resto in piedi, schiacciato al centro del vagone dalla folla. C'è tutto un mondo qua sotto, che sonnecchia annoiato mentre viaggia. Zombie che ascoltano l'Ipod con le cuffie. Vedo tutto al contrario, mi rivedo che torno indietro, a casa, e mando tutto a farsi fottere, la mia crisi il mio panico la mia folle idea, metafisica direi, di riunire, per una sola volta tutti i miei anni trascorsi. Quelli, gli anni, sono passati senza scampo, ma io non voglio rassegnarmi. Questa vita, adesso mi puzza. Come questo vagone. Come questo giorno grigio, indefinito, tendenzioso e vero, acromatico e sgranato come una banconota falsa. Forse questa mia folle idea, questo mio assurdo stato d'animo adolescenziale è già mezzo morto in partenza.Quando il tempo passa, passa e basta, ti devi rassegnare a essere grigio.
E solo dentro di te.
Come quando restavo solo, da ragazzo, nella mia stanza, ispirato mortificato, inacidito come questa stazione della metro. Cernusco, stazione di Cernusco, che periferia sciatta, gesù, eppoi ci lamentiamo noi giù...

Nubi Flight Express


Queste nubi non le riconosco, non hanno i colori adatti per rifinire i bordi del mio umore.
Le fitte nello stomaco e sotto il palato, mentre fuori c'è un crepuscolo al bacio. Non ho mangiato quasi niente, il bigliettino che lei mi ha lasciato è indecifrabile e dovrei buttarlo via: ma non ci riesco...
Le parole qui scritte hanno ombre che rilanciano al buio, ma non hanno un'anima. Mi rendono il cielo grigio, in un giorno dove di blue ci sono solo le mie Camel. 
Questo feeling è un triangolo non equilatero...
Mi sistemo meglio il perizoma azzurro, dentro questa stanza senza perimetri e senza centri di gravità. Sangue cattivo mi scorre dentro, danza e ronza sulle punte. Le note di questo blues me le studio a tavolino, senza riff troppo complicati: sono percorsi contorti dentro me, dentro le mie vene, dentro un rodimento underground.
Non ho saputo riconoscerlo il grigio di questo Feeling, avrei dovuto guardare più attentamente il soffitto e i vetri impolverati. Lei era illeggibile, apocrifa, una bella statuina diafana. Era uno spettro parcheggiato, in un fuso orario tutto suo. Inutili i suoi sguardi catramati negli angoli sovrapposti dei mie spazi vitali. 
Rientro nei ranghi, e proverò a volare basso. 

Le Mie Solitudini


Entrai per la prima volta in quel Club una sera in cui non avevo voglia di tornare casa a sopportare le mie solitudini taglienti. Non sono uno da vita notturna io, le lucibasse mi alienano ancora di più, il fumo circolare e vizioso mi opprime, l’alcol mi disgusta, le tipe mototruccate mi fanno diventare ogni giorno che passa più misogino. 

Ordinai una coca lemon, e la ragazza al banco mi spianò un sorriso da ararti qualunque terra arida. Mi stropicciai gli occhi, e a lei, quel gesto non dispiacque. I lineamenti del suo viso entrarono nella retina delle mie immagini sotto forma di quadri picassiani, figure multicolor e deformate.

Mi tornavano in mente le occhiate affilate della mia solitudine, i suoi lamenti, le sue intenzioni barbituriche. Si assestavano come filo spinato sulle rughe della fronte. Sto invecchiando, quella ragazza se ne accorse subito. Sto invecchiando, quella ragazza non mi avrebbe mai preso sul serio.


Zucchero di Kanna.6

Nel primo pomeriggio si prova nello scantinato di Raff. La grande illusione, sfondare con la nostra rockband. C’abbiamo una strumentazione da terzo mondo, ma non ci vogliamo arrendere. Devi provarci a percorrere una strada fino in fondo: se poi 'sta strada è un tratturo pieno di buche, beh, le buche le puoi provare a scansare.

Avevamo cominciato bene stasera. Addirittura c’avevamo messo solo mezz’ora per accordare, che noi si accorda a orecchio, e quindi. Ma durante il primo pezzo, ti pareva che Raff e Artù non si pigliavano a parolacce per il solito diverbio sulle nostre qualità artistico/tecniche? Non abbiamo provato più, che quei due quando cominciano a rompere i coglioni non li fermi più. E così me ne torno a casa mezzo afflitto, il rock suonato è una delle poche cose che mi dà la carica.

Bestemmio piazzando una cassetta a tutto volume nello stereo, nel buio della mia cameretta. Mi telefona una mia amica che non si faceva sentire da un sacco di tempo, Pamela.

- Ci vieni a prendere un caffè con me?

Non so perchè mi ha telefonato, non so in realtà perché ho accettato. Quando c’ho i miei cazzi non ho voglia di stare a sentire il prossimo.

Mi viene a prendere e andiamo al Bar Haiti, che sta aperto. Mi offre il caffè cortissimo come piace a me. E parla parla parla.

- ... mi sono fatta il ragazzo, te lo devo fare conoscere guarda, è bello alto e simpatico, c’ha il Mercedes però quello vecchio tipo, lavora in banca e è uno che mi lascia fare tutto quello che voglio, e perciò mi sento libera, ma veramente, e sono un sacco contenta...

E a me che cazzo me ne frega?

Gli altri sono felici e me lo vengono pure a raccontare. La saluto senza aggiungere niente, prima che tutta la sua tiritera mi entri nella testa e mi provochi un corto circuito di malumore.

lunedì 12 dicembre 2011

Zucchero di Kanna.5

C’ho ancora da fare il rodaggio a Radiopace. Stasera ho balbettato in onda tutto il tempo, e meno male che non la ascolta nessuno. Già quando feci il provino balbettai, pensavo fosse l’emozione: e invece balbetto ogni volta che vado in onda, forse perchè sono un poco timidoso. Ma il Caponostalgico in fondo è un amico e mi tiene lo stesso.

Tanto non mi paga.

E’ venerdì.

Il venerdì c’è sempre ‘st’attesa di ‘sto qualcosa che deve accadere e invece non accade mai. La voglia di rompere gli argini è forte, prorompente, e tu non puoi contenerla, devi farla esplodere, convogliare tutta questa energia in una interazione con gli altri, trasmettere comunicare qualcosa per ricevere attenzioni in cambio.

Siamo partiti come se qualcuno dall’Alto ce lo avesse imposto. Ci siamo predisposti a questo raid fuoriporta senza porci troppe domande, perché ‘sto Qualcosa va sempre ricercato a tot chilometri da qua. In macchina Nic scorreggiava com’al solito e non voleva aprire il finestrino e ha impuzzonito tutto l’ambient. Maria A Pacc invece non ha detto manco una parola, stava moscia: mi sembrava un poster di Buster Keaton attaccato al parabrezza posteriore.

Arriviamo a Canosa e andiamo in un pub tutto gagherino dove a noi ci piace di arrivare e fare un casino da branco animale. Artù entra toccandosi frenetico gli attributi, perché l’ambient è stracolmo di fichette. Dice che non scopa da così tanto tempo che se lo sente sfatto come un cachiss. C’è casino nel pub e non si potrebbe entrare, ma a quelli della security non gliene frega niente se stai zeppato come una sardina in scatola e ti fai due coglioni come Polifemo perché non ti puoi né girare né voltare. E quindi ci fanno entrare.

Beviamo come le pezze, Nic già dopo mezzora stava perso perché s’è scolato tutto di un tiro un Angelo Azzurro, e lui l’Angelo Azzurro non lo regge proprio.

Poi quando arrivi al massimo del caos alcolico, il venerdì è già finito. Ti accorgi che nel pub è calato un mortorio desolato e fuori, per strada, non c’è nessuno. Ce ne torniamo a casa bestemmiando forte contro tutti i venerdì di questo mondo e contro ‘sta sfrenata ricerca di questo Qualcosa che è un vero e proprio incubo.



Pterodattilo


Certi pomeriggi in casa sono scopate tra odori di noia e raggi di routine pallida, uno sgocciolare di ore liquide che non evaporano mai. Assente, sbracato di prepotenza su qualche side laterale del mio cervello, sblusato dentro una mia propria dimensione sproporzionata. Sbuffi uno dopo l’altro, pterodattilo e voglia di rivalsa contro il mondo scucito.
Mi do una sistematina ai capelli spostando lo specchietto retrovisore, sposto alcuni ciuffetti dietro le orecchie, ne stiracchio altri ribelli sulla nuca. Stringo gli occhi e sulla fronte mi si accentua una ruga come filo spinato, segno che la vita ha già scavato le sue belle trincee.
La mia apatia favorisce le carenze quotidiane della mia vita. Pillole per l’ansia e flaconi e boccette. Taccio, messo in outside da questi silenzi feroci che ruggiscono sottopelle. I modi troppo artefatti e teatrali per riuscire a sortire ancora un qualsivoglia effetto positivo. Per quanto possa valere, il corso degli eventi esorcizzano i miei giorni.
Ormai tra me e Me c'è un muro abnorme.

domenica 11 dicembre 2011

Guappo di Cartone



L’ho finalmente conosciuta, una notte d’inverno. Ero solo con una rossa doppio malto e un sottofondo morbido di Ella Fitzgerald. Lei venne fuori con un sorriso graduato, un modo di esistere che ti metteva le redini. L'anima mi si congelò in un secondo, e il ricordo che mi viene in mente adesso è congelato pure lui. Lei scioglieva i miei pensieri come burro, dispensava sorrisi, non a me in particolare, certo. Il suo era un incedere tigrato, tratti morbidi, poco trucco e una luce propria che brillava nel buio. Aveva una voce tosta che non ti lasciava il tempo di contarti i minuti addosso.
Io ci provavo a fare l’aria del guappo di cartone, senza dare troppo nell’occhio. Lei di soppiatto mi sbirciava, una maniera scomoda di concedersi, quasi un processo senza appello.
Mi offrii di accompagnarla a casa a fine serata. Volevo provarci subito, forse per togliermi brutalmente tutti i dubbi. Le feci una serie di apprezzamenti ingarbugliati, tutti imperniati sulla sua luce propria che nel crepuscolo eccetera eccetera. Per tutta risposta mi piazzò in mano un goccio di Martini Dry, bevi ora e non pensarci. Da quel momento inciampai sempre nei tratti morbidi del suo viso, ci precipitavo maldestramente e ne venivo fuori graffiato. Col Martini Dry in mano stavo più a mio agio in verità, anche se rischiavo di dilatarmi in un dialogo alcolico/sconclusionato. Spesso parlavo al mio bicchiere, che lui almeno sembrava stesse ad ascoltarmi.

Zucchero di Kanna.4

La CDM sta praticamente sempre al Puzzo. La Cidiemme è costituita dagli amici intimi, quelli del branco. Questo nomignolo è venuto fuori una sera di bagordi al Puzzo, quando me ne sono uscito che, siccome stiamo sempre ingabbiati tra noi, sembriamo le Cellule Della Morte, cioè quei piccoli nuclei di mafiosi che non conoscono nessun altro al di fuori della Cellula: prendono ordini dall’alto e eseguono senza porsi domande. Così siamo noi, facciamo le cose come se fossero preordinate dall’Alto, senza una ragione né una motivazione apparente.

Anche a Radio Pace c’è un’atmosfera del tipo Vedraicheprimaoppoi…, che in fondo è l’atmosfera cronica di tutta la città.

Radiopace è una radio freska y indipendiente di proprietà di uno un po' schizzato che ha fatto il 68, un nostalgico... Io invece sono un nostalgico del 69, inteso come posizione sessuale, che l'ho fatto una volta sola con una tipa e mai più.

Questo della radio è un piccolo sogno da provinciali, sperare di diventare uno speaker di successo e magari approdare in un grande network. Eppoi quando stai senza fare un cazzo tutto il giorno dopo ti annoi, giusto?

Mia madre subito ha detto, al riguardo:

- Che è ‘st’altra stronzata?, perché non ti decidi a trovarti un lavoro serio?


giovedì 8 dicembre 2011

Io Può



Io ho confusione, caos, tempie pressate, fitte, pensieri non voluti, prati non verdi, nuvole di bambino, distrazioni, ego da primadonna, umore graduato, una giacca nera, la capa fresca, nessuna storia giusta, nessun verso, effetti calcolati, atmosfere non da sogno, misteri spenti, vita in concessione, pochi sorrisi, paura da aver paura, tutti gli album dei Pinkfloyd, un paio di palle, contrazioni, un utero immaginario. 
Io può.

Zucchero di Kanna.3


Zero donne, zero lavoro, zero soldi.

Non so se mi spiego.

In più, il massimo del movimento, la sera, è Nic che scorreggia una continuazione. Dice che così è come provare un senso di liberazione...

Siamo sempre stati un po’ lupi solitari noialtri. Abbiamo vissuto storie storielle sentimentali velociveloci, mai una donna che ci abbia veramente rapito il cuore, sai di quelle che ti fanno rimbambire tipo Pretty Woman? E’ un periodo un po’ loffio questo, perché a trent’anni ti sei anche abbastanza rotto di storielline faciliveloci, e pensi che ti manca una donna vera, non proprio come Pretty Woman ma quasi.

E pure un lavoro.

Ma la città è quella che è, e non ti puoi alzare una mattina e pensare di stare a Hollywood. Al massimo ti puoi alzare la mattina e respirare una brutta puzza di muffa, perché questa città mi puzza di muffa: niente si muove, niente va avanti e niente va indietro, sembra che tutti se ne stiano fermi a aspettare.

Aspettare che?


Cervaro Bridge Jumping. Revelations


E' la prima volta che spiego una serie di miei script...
1. i 4 script anche se sono una Tetralogia, non indicano una "fine" ma un inizio.
2. tutte le storie sentimentali hanno un inizio: mai una fine.
3. era davvero estate, verso la fine, le tre di notte, la mia testa sparata in orbita dentro un Feeling enorme.
4. ero sul Ponte sul Cervaro, sulla superstrada per Candela: la netta sensazione, guidando in direzione Foggia, che mi avvicinassi ad un luogo oscuro e proibito.
5. il mio ponte è quello sulla superstrada Foggia-Potenza.
6. presi ad andarci per scappare dai luoghi foggiani delle mie turbative emozionali.
7. scappavo di notte, quando l'attrazione per lei era irresistibile: il paese dei miei amici era un buon rifugio.
8. l'andata di notte verso il paese era un sollievo, tornare a Foggia un turbamento costante.
9. la colonna sonora dei 4 CBJ è un binomio di 2 brani.
10. In My Blood dei Black Stone Cherry.I BSC sono una rock band americana rivelatami dal mio amico del paese.
11. L'amico del paese mi insegnò una filosofia semplice ed efficace: sei solo? fatti bastare"
12. In my Blood stroncò i miei sogni, al crepuscolo, sulla tangenziale sud ovest di Foggia. C'era un tramonto rosso, bellissimo sullo sfondo. in primo piano due puttane extracomunitarie sulla piazzola di sosta.
13. il Feeling era proprio così: uno spettacolo inimmaginabile sullo sfondo, una bruttura/stortura in primo piano.
14. Rise Today degli Alter Bridge la conoscevo già, ma non sapevo di chi fosse. Sulla A14, l'amico del paese chiarì: sono gli Alter Bridge, che cazz' non li conosci?
15. Rise Today era la mia voglia di volare: I wanna rise today and I wanna change this world... nei momenti scoglionanti la mettevo sempre, in loop.
16. Il Cervaro è un torrente piccolo, d'estate è quasi in secca, non ci si ammazzerebbe nessuno: al massimo ti potresti spezzare una gamba.
17. i personaggi di CBJ sono offuscati, anche perché l'idea era quella di trasmettere l'incertezza: tutti vogliono qualcosa, ma qualcosa, forse di sbagliato.
18. i personaggi sputano rabbia e pensieri distorti, ma non sono coglioni: ognuno di loro, a modo suo, è in cerca di qualcosa/qualcuno.

19. Lei, sostanzialmente, non voleva semplicemente essere di nessuno: solo di se stessa.
20. i personaggi sanno bene che quello è sempre l'inizio, e che da lì comincerà, comunque, qualcosa.

21. le sensazioni provate nello scrivere CBJ non sono descrivibili: mi ha dato energia e una botta secca nello stomaco.
22. non li ho mai scritti in paranoia, sempre e soltanto dopo che lei mi aveva tenuto almeno per un'ora tra le sue braccia.
23. quando scrivo è perchè sono positivo e ho qualcosa da dare: quando sto in para non ho voglia di scrivere un cazzo.
24. li ho scritti da lucido: al massimo un cicchetto di rum o due tiri a una canna.
25. a volte CBJ risulta sballato, sgranato: lo ho scritti di notte, in fretta, prima che le sensazioni sublimi mi tagliassero le parole.
26. Che coglione... me lo dico tutti i giorni, e qualche volta ci prendo...

(questo Revelations è un esplicito ringraziamento alla Fautrice dei miei Stati Emozionali nelle notti d'estate al Bar Atzori.
"elevarsi e levarsi"...
"she walks in the sun to me..." Atlanta, Stone Temple Pilots.
Good Bye My Yellow.
So long...)

Cervaro Bridge Jumping.4


Non c'è nulla da pregare. Ho fatto tutto ciò che potevo, e ho fatto anche tutto ciò che non potevo. Lo sapevo che sarebbe finita così,
ma devi crederci nelle cose, comunque: per non sentirti coglione.

C'è un senso di frescura dentro di me. Erano quattro mesi che mi inseguico, che la inseguivo. E' mezzogiorno, anzi le dodici e dodici, per l'esattezza. E' una primavera improvvisa di odori. Non ho dubbi, voglio annusarli: sanno di alloro. Ho una sola idea nella testa, una sola. Un'idea ben precisa di me. L'ultimo abbraccio è stato al buio. Il primo al sole. Non mi giudico male, e Dio sa che ho ragione. Mi voglio bene anche se a volte non ci sto granchè in questa testa.

Non ho mai avuto paura di me. Mi son rimproverato di tutto ma non c'era nulla per cui farlo. Sentirsi coglioni è la quotidianità, sapere di non esserlo davvero anche.

Il vuoto è sotto di me, ma è così distante. In bilico sul Ponte. Sotto, il torrente che scorre. E' solo acqua, e sempre acqua è: lo dice Piero. Fondale basso. Respiro l'Aria, l'Aria buona che mi ha lasciato lei. Respiro a pieni polmoni, sempre di più. Quel suo darsi erano il mio cielo pulito. Un cielo che non lasciava scie. Ho fatto tutto che volevo, e anche tutto quello che non volevo.

Le ho dato tutto. Ho evitato anche me stesso, a volte. Tra le sue braccia ero Io fuori e dentro di me.

Le notti avevano tutte la stessa fragranza. In macchina, in un buio di colore blu. Le ore che slittavano mi facevano fesso. Lei, adesso che non c'è più, è davvero mia. L'ho brindato fin dall'inizio. Quei momenti son rimasti laggiù al buio, in un lago di rimpianti e rimorsi. E ora voglio vivere, almeno questa volta la Regina sulla mia scacchiera non avrà nulla da temere. Il sole è di un giallo abbagliante, almeno io lo vedo così. Custodirò tutto dentro di me, in gran segreto.

Lei non sapeva dirlo.

Sto accovacciato a gambe incrociate sul parapetto. Le mani che si scambiano la sedicesima camel lights. I pensieri soft e leggeri. La mente aperta oltre il respiro. In equilibrio perfetto, sul cornicione di cemento del ponte. Rivedo la sua faccia, prima della fine dell'autunno. Il suo occhi di un nero immenso. E adesso me li stamperò a caldo sulla pelle. La vita è un attimo. Uno solo. Bisogna prenderlo, anche se difficile.

Lei mi ha fatto vedere me. Mi ha fatto scoprire me. Ha fatto rivivere un Me dimenticato. Non riuscivo più a dormire, ma adesso sprofondo nel sonno con un sorriso.


E' un attimo.

Poggio i miei rayban scuri sul calore del parapetto.

E torno alla macchina.

Il colore di questo sole non mi abbaglia più.

Yellow...


Il Rockenroll è Morto


Il rockenroll è morto, somiglia alla mia vita puttana. 
Sono più le cose che mi fanno incazzare di quelle che mi fanno resuscitare, lo dico col tono di questo Momento, che prelude al solito scoppio monotono di pensieri che se ne vanno per cazzi loro. E' quel genere di pensieri che non ha senso e ti porta a fare sesso con te stessoC'è sempre quel qualcosa che ti preme addosso ed è qui anche adesso, in questo giro lungo di bevute al bar. Ti riduci a straccio e il tuo Tempo diventa marcio e di seconda mano.
Fanculo le interpretazioni delle parole e fanculo le parole stesse, faccio fatica a trovare soluzioni ma faccio più fatica a non cercarle: vado al minimo senza le gonfie vele.
Se guardo in alto riesco a conto due o tre stelle non di più, sono libero davvero solo quando c'è solo il Nulla che mi circondaE' l'ennesima storia di mezzanotte anche se sono le cinque del mattino: eccola qui, è lei, la vedo e la sfioro appena, e questa visione mi sfiorisce.
La sbronza vien di notte con le scarpe tutte rotte, dammene un altro, dammene ancora, dammene finché non decido di smettere. Fluidi che bruciano in gola e pensieri poco fluidi che bruciano nella testa.
Anche l'ombra di lei ha il suo dolore e il suo annerito colore, mi canto da solo questo rockenroll morto. Sono questi i momenti in cui metto pianti registrati che vanno in loop nella mia mente. Tre notti che non dormo e tre giorni che non vivo, sudo in questo imbroglio antiacido.
Fanculo a chi c'è, fanculo a chi non c'è, fanculo a me, quando penso di aver sbagliato donna credo di avere il diritto di poter sbagliare ancora.
Quando il mio r'n'r muore, amico mio, muoio anche io...

mercoledì 7 dicembre 2011

Cervaro Bridge Jumping.3


Prego solo Dio di non volermene. Non avrei voluto farlo, eppure lo sapevo che sarebbe finita così,
da coglioni...
C'è un senso di liberazione adesso dentro di me. Erano quattro mesi che li seguivo, che li spiavo. Sono le quattro del mattino. Le quattro e trentasei. E' un novembre scarso a freddume, solo vento rompipalle. Non ho avuto dubbi nel freddarli. Non ho avuto paura. Avevo un'idea sola nella testa che mi faceva impazzire. L'ultimo pedinamento nel buio. In questa notte che si è appena sgonfiata. Non ho il timore che Dio mi possa giudicare male, posso riprendere a volermi bene. Anche se, ormai...
Non ho più paura di me adesso, sai Dio?, mi senti? Non devi rimproverarmi di nulla, affacciati un attimo, e vieni a dirmi che non sono più un coglione, il loro coglione... Il vuoto è sotto di me, ma me lo sento addosso. In bilico sul Ponte. Sotto, il torrente che scorre. E' solo acqua, e continuerà ad esserlo. Fondale basso. 
Mi mancava l'aria. Mi mancava lei, sempre di più. E quel suo darsi solo a lui non mi lasciava vivere, non mi lasciava alternative. Non avrei dovuto farlo.
Dio mi ascolti?
Le avrei dato tutto, ma lei mi evitava per finire di nascosto tra le sue braccia. Non dirmi anche tu che sono un coglione: Dio, ci sei?
Non avrebbero dovuto farsi beccare in flagrante, abbracciati in macchina, al buio. Non avrebbero dovuto farmi così fesso. Lei non era più mia, e allora non era di nessuno. Mi hanno coglionato fin dall'inizio. E ora son rimasti laggiù al buio, in un lago di sangue. 
Ho le punte dei piedi già oltre il parapetto, pronte a spiccare il salto. I pensieri scoppiati a bruciapelo, la mente libera dall'ossessione. In equilibrio precario, sul cornicione del ponte, rivedo le loro espressioni prima degli spari in faccia. Quel terrore immenso. 
E adesso mi toglierò di mezzo. Sarà un attimo, uno solo, non volevo. Non avrei dovuto.
Non riuscivo più a dormire, e devo saltare adesso, ti vengo a trovare Dio... Ah già, la Browning la lascio qui, potresti offenderti...



martedì 6 dicembre 2011

Cervaro Bridge Jumping. 2

" Ti prego solo di... non volermene... io... io avrei voluto...”

Non dirlo... Non saltare... ti prego...”

Non avrei dovuto... lo sapevo, eppure... sono un coglione...”

C'è il vuoto dentro di me. Da quattro mesi non respiro. Sono le quattro del mattino. Le quattro e trentasei. E' un autunno stronzo. Non ho freddo. Non ho paura. Avevo un sole e un'estate dentro. Vento e buio. La notte è appannata, se n'è stata tutto il tempo appiccicata sul parabrezza. Non ho paura, non mi voglio bene così tanto. Ormai.

Non ho più paura... adesso, sai?”

Non dirmi così... Non devi dirmi nulla... scendi... ti prego...”

Non ho più paura a... sentirmi coglione...”

Il vuoto è sotto di me, ma me lo sento addosso. In bilico sul Ponte. Sotto, il torrente che scorre. E' solo acqua, e continuerà ad esserlo. Fondale basso. Mi mancava l'aria. adesso mi manca lei. Sempre di più. E questa assenza non mi lascia vivere. Non avrei dovuto farlo.

Non avrei dovuto... farti niente...”

Non mi hai fatto niente... mi hai dato... tutto...”

Dimmi che non... avrei dovuto... dimmi che... sono un coglione...”

Non avrei dovuto mandarti questi messaggi. Non avrei dovuto mandarti questi segnali. Tu non sei mia. Tu sei solo tua. Sei sempre stata solo tua, fin dall'inizio. E adesso sei qui. E voglio morire, almeno questa volta. Il vuoto è dentro. Peggio, è sotto di me.

Tu non sei...mai stata mia...”

Non puoi dirlo... questo... scendi... fallo per me...”

Almeno questo... lascia che lo faccia per me... da coglione...”

Le punte dei piedi già oltre il parapetto. Le mani pronte a spingersi. I pensieri legati con una pietra al collo. La mente libera, pronta per il salto. In equilibrio precario, sul cornicione del ponte. Tu che cerchi di guardarmi in faccia. Tu che sei il mio immenso, e adesso mi toglierò di mezzo. Sarà un attimo. Uno solo. Non volevo. Non avrei dovuto.

Io avrei voluto... ma non sono riuscito neanche... con te... io...”

Non saltare...”

Non avvicinarti... non devi... non voglio...”

Non saltare... non... farlo...”

E' un attimo.

Salto.

Di più...

Jazz

Lei mi piace per quella sua aria meditativa, quell’innocenza giovane di chi non giudica. La situazione che non si crea tra noi sa di jazz non improvvisato, di casualità voluta, di movimenti non studiati. Sono uno stupido tenace, incapace di vincere il mio freddo, incapace di fare calcoli. 
Lascio che sia il caso a dare le carte, quando le lunghe pause di interminabile silenzio mi fissano dentro un bicchiere di vino rosso. Lei ha una dolcezza francese, la erre moscia e un profumo intellettuale, una bellezza improvvisa di corpo senza fiato.
Lancio occhiate nell’intorno, senza alzare la testa. Sprofondo nella calura e mi piego a riccio, quasi in posizione fetale: vorrei tornare piccolissimo per rientrare nell’utero di mia madre.
Ne avrei urgentemente bisogno.

lunedì 5 dicembre 2011

Aspetto



Aspetto.
Quando aspetti ti chiedi perché aspetti. Sullo sfondo la cattedrale e le luci dei lampioni che disegnano una cornice surreale. E il caldo, un caldo pesante come quest’attesa.
Aspetto,
Devo chiudere i conti, l'attesa dolciastra mi fa sudare.
Seduto al tavolino del bar, il più squallido di tutta la Piazza. 
Aspetto.
E' un brutto sogno questo, più mi guardo attorno e più mi sembra un sogno fatto di odori dolciastri. Mi sento in apnea, vorrei svegliarmi ma sono già sveglio, vorrei dormire ma sto già sognando. 
Aspetto.
E' un brutto sogno questo, brutto anche il tavolino del bar. Il cameriere sta annoiato dietro al bancone, smanetta col cellulare. Ho uno sguardo dilatato dal caldo e un sorriso inacidito.
Aspetto.
Mi gratto la tempia, mi gira la testa.
Ho bisogno di pillole.
La aspetto.

Zucchero di Kanna.2


Alle piùomeno dieci ci vediamo con Nic al Puzzo, il pub che è il nostro campobase. E’ importante avere un punto di ritrovo serale, una sede consiliare dove poter incontrare tutti e nessuno. Ci troviamo Maria A Pacc, così denominata perché ride scherza senza limiti eppoi tutto d’un tratto si deprime. Di questi tempi la depressione va molto di moda nell'ambito Puzziano.

Io e Nic beviamo, tanto per cambiare, che dopo la baldoria di stanotte mo’ che t’aspetti? In dieci minuti esattesatti stiamo mezzi imbriachi e ridiamo come imbecilli e barcolliamo tutti storti. Maria A Pacc non vorrebbe che ci combiniamo così, lei è una che non sempre si lascia andare alla devastazione etilica. Ma stasera si alcolizza pure lei, tanto per entrare in sintonia: dieci minuti esattesatti e sta peggio di noi, ride come un’idiota e barcolla tutta storta: tra non molto si deprimerà.

Mezz’ora dopo abbandoniamo il Puzzo e entriamo sull’autostrada, con la machina, è ovvio. La crisi post alcolica è al top, per cui la voglia di scappare via da ‘sta città del cazzo è forte. Siamo sempre convinti che se c’è una città al mondo ad essere inutile quella è la nostra. Chissà quanti altri cristi pensano l'istessa cosa del posto in cui vivono. Ma poi, a noi, chi ci costringe a restare qua?

Entriamo sulla A14 ovviamente in direzione nord. Quando imbocchiamo la A14 ci viene d’istinto dirigerci verso nord, perché a Nord c'è l'Europa intera, e per noi che ce ne stiamo buttati qua al sud, nella morìa, l’Europa è come un miraggio irraggiungibile, è l’idea fine a se stessa di libertà. Maria A Pacc cazzeggia da sola sul sedile di dietro, io reggo a malapena Nic che, seduto, ogni tanto si affloscia sul volante.

Alla prima area di servizio, dopo un totale di dieci undici chilometri percorsi, benzina che lampeggia a riserva, Nic mette la freccia, titic e titac e entra. Ci infiliamo nel bar, facciamo una colletta tra di noi e compriamo una bottiglia di spumante scadente, di quelli che vendono pure alle bancarelle di Piazza Giordano in periodo natalizio. Il bar è deserto, il barman ci guarda storto. Facciamo il nostro grande acquisto e, bottiglia alla mano, fuggiamo fuori. Tutti contenti stappiamo e facciamo schizzare lo spumante da tutte le parti. Cin cin!

Ci sbrodoliamo di spuma scadente, alle quattro di mattina. Poi Nic si decide a rimettere in moto la carriola. Maria A Pacc ormai collassata ronfa alla grande, io ho vomitato pure gesucristo ed ho due occhi rossi come peperoni.

-‘Ndò vado?- dice Nic con la voce impastata di saliva.

- A casa coglione, dove cazzo vuoi andare?




Voglio Chattare


Voglio chattare voglio chattare voglio chattare e voglio schiattare di caldo...
Dipende, dipende, ma da che dipende?, non lo so, da qualcosa dipende. Sono spaventato, come sto adesso?, sono spaventato, ma da che dipende?, voglio chattare, ma dipende, ne sono spaventato. Ci vuole qualcosa di soft, voglio chattare soft, ma dipende, soffoco, sono spaventato, uno spavento soft, ma da che dipende?, da come sto adesso, voglio chattare e sono spaventato. Non c’è connessione, da questo dipende, voglio chattare, ma sono spavantato, stretto in una morsa, schiattare di caldo, un caldo soft, in chat, come stao, come sto adesso? Rivoglio i miei colori, da che dipende?, non sono in chat, soffoco, voglio chattare, come sto adesso?, qual è lo stato d'animo?, meglio soft, soffoco, meglio un soffocotto, sono cotto, voglio colore, voglio calore, voglio chattare, da che dipende? Dipende tipo che sono black, dipende dall'anima, schiatto dal caldo, da che dipende questo caldo?, caldo black caldo soft caldo soul, senza te, senza thè, con questo caldo, voglio chattare, nei colori, sono spaventato...
Come sto adesso?


domenica 4 dicembre 2011

Il Varco


Il Varco si apre quando ti ripeti tutti i giorni che in fondo questa è una vita

Il Varco si apre quando la notte ti diventa aliena e sai che non smetterà mai

Il Varco si apre quando Lei scivola in una toccata e fuga

Il Varco si apre quando l'attesa diventa inutile e le due anime si sporcano

Il Varco si apre quando il giorno è sguaiato e non fa più sconti

Il Varco si apre quando il tuo Io diventa poco plausibile e si vende per poco

Il Varco si apre quando ascolti Jeremy e ti sembra che non abbia parlato

Il Varco si apre quando vive un flash back senza colonne sonore

Il Varco si apre quando finisci per caso dentro di te

Il Varco si apre quando Lei vai e tu dici E io?

Il Varco si apre quando non c'è destinazione precisa, un nonsodove, un nonsocome

Il Varco si apre quando i minuti sono imprendibili e i secondi non son secondi a niente

Il Varco si apre quando ti sei perso nei quando e nei perché

Il Varco si apre quando la luce diventa chiara ma ferita

Il varco si apre quando la tua rabbia comincia a parlare da sola

Il Varco si apre quando ascolti Jeremy e ti sembra che non parlerà più

Il Varco si apre quando tu che hai in testa un La minore te lo ritrovi maggiore e di settima

Il Varco si apre quando la tua ironia si fa laconica o anche si fa mibemolle

Il Varco si apre quando sei in finale ma perdi 3-4 nei minuti di recupero

Il Varco si apre quando sei confuso e questo ti confonde

Il Varco si apre quando erutti come un vulcano ma anche quando rutti

Il Varco si apre quando sei in due circondato da mille

Il Varco si apre quando le tue idee le hai stese al sole ad asciugare

Il Varco si apre quando un stacco di batteria non prelude a nessun fraseggio

Il Varco non si chiude più.