I treni
vanno, vanno express; mi sono sempre rimasti impressi i treni che
vanno, mai quelli che tornano. È una strana maniera che ha la mente
di registrare le cose che ci circondano: o in senso negativo o
positivo, mai una via di mezzo, o bianco o nero, mai grigio.
L’express
per Milano è arrivato: li abbraccio forte forte, amici così non ne
troverò più. Mi sento triste come un capitone che sta per essere
scuoiato a Natale. Raff e Nic salgono a prendere posti negli
scompartimenti, sistemano i borsoni eppoi si affacciano al finestrino
ad aspettare che gli dia la mia benedizione. Siete due bastardi nel
sangue, gli dico, e spero che a Milano non trovate un cazzo di
lavoro, neanche il peggiore, e che Artù si rompa così tanto a
tenervi tutto il santo giorno davanti alle palle da mandarvi
affangulo e rispedirvi giù, brutti figli di puttana, che non si fa
questo all’amico, cazzo! Nic sorride, dice che appena sistemati
come si deve li devo andare a trovare, così tuttinsieme ci andiamo a
sbronzare come pezze milanesi ai Navigli. Raff invece non dice
niente, allunga una mano e mi chiede un cinque che non finisce mai.
Il treno finalmente parte, mesto y liento.
E non
ritorna.
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