Muoio di
voglia. Vorrei chiamarla ogni sei secondi. Vorrei aspettarla. Vorrei
che entrasse dentro me senza dire niente. Vorrei poterla guardare
senza dire niente. Vorrei poterla mangiare viva. Vorrei incontrarla
in un prossimo paradiso. Vorrei che fosse mia senza tempo né spazio
né destinazione...
Me ne vado
tutto solo nella notte verso la mia macchinuccia, che ho lasciato
parcheggiata vicino ai Tre Archi. Ho girovagato nel deserto a vuoto,
senza trovare nessuno: e poi Rosa Pajella si lamenta che non mi
incontra mai in Piazzetta! Quando arrivo alla macchina trovo il
deflettore spaccato. Porca puttana, vuoi vedere che si sono fregati
lo stereo? Entro e mi siedo sui detriti del vetro rotto, infilo la
mano sotto il sedile e sorpresa!, l’autoradio c’è.
Ma, allora?
Lo vedo solo
in quel momento il foglietto nastrizzato sul cruscotto, un foglietto
che c’ha su un lembo il logo del Puzzo, e su cui c’è scritto:
Complimenti Casanova…
Questo
evento inatteso mi riporta indietro nel tempo, a quand’ero piccolo:
mi piaceva accendere il televisore verso le cinque del pomeriggio, e
il televisore, a quell’epoca, era una sorta di cassapanca enorme in
bianco e nero. La Rai non trasmetteva a tutte le sante ore, e c’era
solo la Rai, niente Canale 5 niente Italia 1 niente Telefoggia, solo
la Rai, che apriva i programmi non prima delle sei. Io accendevo alle
cinque e stavo per tutto il tempo a fissare il formicolio sullo
schermo, m’incantavo a guardare quelle interferenze e adoravo quel
ronzio elettronico privo di significato.
Se ci
ripenso adesso a quella mia mania, mi rendo conto che forse dentro di
me quel formicolio mi dava il senso del mondo, di come girano le
cose: cioè che ti ronzano attorno senza definizione e senza senso e
tu stai lì tutto il tempo a cercarci un significato. Se mi sentisse
Raff adesso, altro che Freud.
Invece mia
madre dice che ero rimbambito già da allora.
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