Lei non c’è mai. La sua immagine
riflessa nella mia testa è un ripetersi di
figure concentriche, che cascano come birilli dentro il mio vuoto. Mi
sto facendo del male, sarebbe più semplice
strafacciarmi di coca e basta.
Sbando al minimo dubbio sulla mia
vita. Sono stato baciato dalla fortuna solo nel trovare subito
l'appoggio nel lavoro, sono in gamba in questo, so il fatto mio, il
mio Capo mi stima e mi porta sul palmo della mano.
Lei
era il mio paradiso prossimo annunciato, e ci credevo, solo fino a
che mi parlava in chat: diversamente è solo un film sbiadito che
gira al ralenty nella mia capa. Mi sono abbrustolito in una Lost
Summer Sky, dentro la città arroventata da cumuli di immondizia che
bruciavano. L'idea di lei infiammava
l'orizzonte fuori e dentro me, calore a distanza, quel calore che oggi ti scalda e
domani ti ghiaccia.
Lei
non avrebbe mai tradito suo marito, o almeno non era nelle sue
intenzioni. Mi raccontava di una vita familiare serena, ma io
percepivo, nei dialoghi in chat, che c'era una nota incrinata in
quelle affermazioni: nel confessarlo perdeva verve e fascino. Stava
diventando un brutto inferno per entrambi, ci stavamo infilando in un
vicolo cieco.
Con quei contatti virtuali lei mi schiacciava con la sua euforia/ironia, io
controbattevo indifeso, soggiogato com'ero dal desiderio di averla.
Quelli erano giorni malati. Cercavo il Cielo in lei, le volavo intorno come un corvo nero che insegue una farfalla dalle ali
colorate.
Questo
sogno sta per finire, è tangibile ma si ferma qua: stanotte
imploderò tutto. Ho tirato una riga fantastica, mi sento imbevuto di
noia ma leggo la notte indefinita: perché lei è qui,
ai miei piedi, come una nota stonata.
Ok,
lei non parla più: adesso parlo io.
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