venerdì 16 marzo 2012

Zucchero di Kanna. 27


Fioccavano tutte le teorie su questo giallo del fogliettino a quadretti minaccioso infilato sotto il tergicristallo della macchina di Rosa Pajella. Mi si è seduta a fianco la Bovina, e non so se fosse solo per il fogliettino. Ha cominciato a parlare, parlaparlaparla e parla. Ma più parla e meno mi dice qualcosa.

La Bovina non mi tira per niente, come l’altra volta, anzi peggio dell’altra volta. Anche perché forse sto un po’ Dan e sfatto di erba: eh eh eh, sghignazzo, sghignazzo sghignazzo con una tremenda faccia di cazzosghignazzo. Lei intanto parlaparlaparla, con un accento di “o” chiuse che lasciano intuire, tra i fumi di erba, delle origini di montagna subappennina. Infatti dopo circa dodicimila parole dice che i suoi sono di Bovino. A fine serata si offre di accompagnarmi a casa. Penso si aspettasse chissà che da ‘sto passaggio, ma sono le tre, e io non capisco niente quando scendo dalla macchina: tutto gira e tutto si spegne, eh eh eh, e sghignazzo, sghignazzo sghignazzo facciadicazzo...

Ciao, ci vediamo cia’, eh eh eh…


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