domenica 23 gennaio 2011

Yupsilon 10


Arriviamo sotto casa sua, sto già spegnendo il motore. La mia Y10 scivola piano piano come un cagnolino, si ferma in doppia fila. Caldo quasi estivo, primavera inoltrata verso giugno. Guardo orologio sul cruscotto, le tre meno venti, ma in realtà sono le tre meno cinque, va un quarto d'ora indietro. 
Sto in un buio silenzio absolute.
Siamo stati in giro, con i friends, a bere un po' qua un po' là, senza una meta precisa. La serata s'è praticamente spenta così, senza pretese.
Lia tira giù mezzo finestrino, appoggia gomito sul bordo dello sportello. Mi osserva con sguardo traverso, profilo greco, mezzo sorriso acido. Non è la solita aria delle nostre notti fermi sotto casa sua. Dovrebbe partire solito dialogo soft, e invece ce ne stiamo inebetiti come due pasdaran.
- Non hai ancora detto “fumiamocene una...” -dico.
Lei sposta lo sguardo mediterraneo fuori dal finestrino mezz'abbassato.
Ho il tono incerto di chi “sente” che qualcosa non funziona, faccio pausa accensione siga e stereo, gliene offro una. Lei prende senza indugiare, accende con accendino Bic nero mini.
Zuchiamo a pieni polmoni, aspiriamo ilfrescofreddocaldo della notte, il fumo ci dilata, ci scartavetra benbene, tossisco forte.
- Stattene un poco zitto - dice lei sottovoce.
Il tono è quello del nonmirompere i coglioni.
- C'hai un'aria che non saprei - rantolo.
- Non facciamo altro che piangerci addosso, tutte le sante notti... - dice lei poco convinta. 
- Magari prima o poi qualcosa arriva...
Butta via il mozzicone dal finestrino, prende suo pacchetto, ne tira fuori un altra, la accende con Bic nero mini, riprende a soffiare fuori fumo molto nervoso.
- Mi sto innamorando... 
Lo dice tipo rospo che finalmente viene sputato fuori. Sono contento se finalmente qualcuno le è entrato nel cuore, sì da farle provare nuove love emozioni.
- E' per te che mi sono persa... Come fai a non...?
Guarda dritto innanzi a sé, occhi nerogrecali immobili, un po' lucidi. Io becco questa botta nel centro stomaco, un crampo grosso come un pescecane, che morde e sale sale sale fino al cervello.
Lia si volta, fa un sorriso spigoloso, comprende mio disagio.
- Non devi dirmi niente...-  sussurra mentre apre lo sportello.
Scende, dà un veloce tiro alla siga, me la passa.
- Finiscitela tu...
Poi si volta, entra nel portone di casa, sparisce nel nulla.
Sono le tre e trentacinque.
Capisco in questo preciso istante di aver perso l'odore di queste notti.
Il mozzicone arde le mie dita.
Spengo lo stereo.
Metto in moto.
Vado via con i finestrini abbassati.

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