sabato 20 agosto 2011

Zombiolocaust


L’ho visto uscire in fretta e furia dal Pub, mortificato come uno zombiolocaust. L’ho raggiunto con l’affanno a Corso Garibaldi. C’aveva uno sguardo vuoto e fisso e preoccupante, non ricordavo di averlo mai visto così. L’ho fatto sedere sui gradini del municipio, fottendomene degli sguardi di quelli che non si fanno i cazzi loro. Gli ho dato da fumare un mozzone che avevo spento a metà, sigarette non ne avevo più. Poi l’ho fatto pure vomitare, solo gesucristo lo sa che cosa si era menato in corpo. Ma non si è ripigliato per niente: dovevo tenerlo quasi di peso, era come una ameba, un uovo senza tuorlo.
Mi ha fatto paura.
La sua sofferenza interna sembra inguaribile. Quando finisce una lunga storia sentimentale è difficile ricominciare da zero: a finire è facile, ma ricominciare è dura.
- Vedrai che passa.
- Non passa...
-Tutto si sistema.
- Non si sistema...
- Può solo andare meglio.
- Può solo andare una merda...
Cercavo di metterlo in positivo, ma lui mi rigirava sul negativo. Io positivo lui negativo. 
Dopo una mezz'ora stava già un po’ meglio, non ricordava quasi niente del collasso sconquassato che si è combinato. Silenzio e sera tarda, soli tutti e due. Volevo farlo parlare, sfogare, raccontare cosa si sente dentro da stare così male. Il vuoto, dice lui, un vuoto che non sai proprio come fare a colmare. Da quando si è mollato con la guagliona quel buco allo stomaco ce l’ha fisso, come uno squarcio nell’anima. Eppoi il lavoro che non si trova e i soldi che non ci stanno e i genitori che rompono i coglioni a tutte le ore.
Certo io non sono proprio la persona adatta per consolarlo. Ma intanto lui parla, e parlare fa bene, anche se poi di soluzioni ai problemi non se ne trovano. Ci provo a tirarlo su comunque, lui sembra apprezzare, e alla fine addirittura mi sorride. Io ci resto, anche perché non so che sguardo sostenere. Dice che sono uno scemo a perdere tempo con lui. 
- Sei sicuro? - gli chiedo.
- No...

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