Sono incinto della paura di
vivere la vita così come la vivo. Dice che bisogna saper aspettare, e non saranno nove mesi. E poi ancora aspettare, senza fumare, senza stare fumato,
senza cercare di evitare di pensare. Che
la vita sia un po' stronza lo sapevo già, ma accorgersene ogni
volta non mi va.
E
ancora gli stessi sogni ripetitivi, stringersi le mani con le mani. Lo stesso identico giorno davanti ai coglioni, che ti porti davanti, proprio come i coglioni, appeso e nascosto. Faccio fatica a crederci in questo giorno coglione, faccio fatica
a credermi, sono anche un po' coglione. Non c'è voglia, non c'è neanche voglia di
averne voglia. E poi corri nella notte, chiudi gli
occhi e pensi che così non ti sei mai voluto: e neanche evoluto.
Ti
sembra che ci siano pochi modi per volare, pochi modi per potersi
sfogare, pochi lubrificanti per non svalvolare. Uno potrebbe essere suonare rock a tutto volume, ma sei solo e viene fuori sclerotico. La noia brucia ogni giorno, ti fotte ogni istante mancante. E non c'è follia dentro me, finché mi dimentico di
me.
Non
ti basta una notte, non hai tempo da riempire. C'è una mano che mi
prende e mi sbatte forte: poi ti fumi e ti sembra di andartene via.
Ti
rincorri mentre scappi, un po' come evadere in silenzio. Questo rock
è diventato epilettico, maneggio la chitarra come fosse un po'
troia. Brucio volti nel mio volto, e voci senza senso che mi
allontanano da me...
(dedicato
a quel dinomimmo brufoloso che lo scrisse nel giugno 1985)
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