domenica 11 dicembre 2011

Guappo di Cartone



L’ho finalmente conosciuta, una notte d’inverno. Ero solo con una rossa doppio malto e un sottofondo morbido di Ella Fitzgerald. Lei venne fuori con un sorriso graduato, un modo di esistere che ti metteva le redini. L'anima mi si congelò in un secondo, e il ricordo che mi viene in mente adesso è congelato pure lui. Lei scioglieva i miei pensieri come burro, dispensava sorrisi, non a me in particolare, certo. Il suo era un incedere tigrato, tratti morbidi, poco trucco e una luce propria che brillava nel buio. Aveva una voce tosta che non ti lasciava il tempo di contarti i minuti addosso.
Io ci provavo a fare l’aria del guappo di cartone, senza dare troppo nell’occhio. Lei di soppiatto mi sbirciava, una maniera scomoda di concedersi, quasi un processo senza appello.
Mi offrii di accompagnarla a casa a fine serata. Volevo provarci subito, forse per togliermi brutalmente tutti i dubbi. Le feci una serie di apprezzamenti ingarbugliati, tutti imperniati sulla sua luce propria che nel crepuscolo eccetera eccetera. Per tutta risposta mi piazzò in mano un goccio di Martini Dry, bevi ora e non pensarci. Da quel momento inciampai sempre nei tratti morbidi del suo viso, ci precipitavo maldestramente e ne venivo fuori graffiato. Col Martini Dry in mano stavo più a mio agio in verità, anche se rischiavo di dilatarmi in un dialogo alcolico/sconclusionato. Spesso parlavo al mio bicchiere, che lui almeno sembrava stesse ad ascoltarmi.

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