5 del mattino, faccia assonnata, occhi appesi.
La vidi entrare in fretta nell'atrio della stazione. La stavo aspettando con ansia e emozione di ragazzino al suo primo flirt. Le andai incontro con affanno, per niente sicuro di me. Lei
aveva un sorriso e uno sguardo preciso, da farmici
preoccupare.
La
salutai con un bacio formale, la feci accomodare nel bar,
fottendomene degli sguardi di quelli che non si fanno i cazzi loro. Ordinai due caffè. Lei parlava sciolta, del più e del meno, un po' a disagio
in questa prima conversazione dal vivo invece che in chat.
Mi ha
fatto paura.
Se fino a
quel momento avevo giustificato me stesso col fascino virtuale della
chat, adesso non avevo più scuse: dal vivo lei non mi procurava
l'effetto download. Ovvero non mi scadeva, ad avercela lì davanti,
anzi.
Cercavo di
metterla a proprio agio, ma in realtà sul negativo c'ero io, perché quella situazione mi spiazzava, da qualsiasi parte volessi guardarla. Volevo farla parlare di sé, farle raccontare cosa si sente dentro
quando è con me, in chat. Ma i discorsi erano improbabili, fatti di
tentativi di conoscenza.
Restò con
me una mezz'ora, poi si alzò e mi disse:
-Fatti
salutare con un abbraccio...
L'abbraccio
fu caldo, stretto, un contatto ormonale che mi sconquassò le vie
dirette di comunicazione tra cuore e sesso. Questa donna mi faceva
sognare e eccitare.
- Li abbracci tutti così gli amici?
- Non tutti...
- Li abbracci tutti così gli amici?
- Non tutti...
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