giovedì 24 maggio 2012

6.35


Una fitta allo stomaco quando si accendeva la luce verde sulla chat, e lei era online. Ci provai, dopo un po', a sparare forte, per colpirla: a bruciapelo dissi che volevo baciarla. Minacciavo di farlo davanti a tutti, ma erano scarse probabilità rilanciate al buio. Lei rispondeva ridendo, Mavattenevà, mi scriveva in fretta, ma io sotto sotto nutrivo l'attesa di un incontro a quattrocchi unanimi.
Non avevo nessuna intenzione di infilarmi in quel triangolo: ero cotto e volevo rubarla alla sua vita noiosamente standard. Quando sei così preso è come se avessi le mestruazioni: sei nervoso e vorresti che tutto terminasse per il meglio all'improvviso. Quella danza di parole in chat durava ormai da settimane, puro cazzeggio che non riuscivo a ben direzionare.
Al bar mi limitavo ai sorrisi e qualche frase sfuggente, così com'era lei. Indurla ad uscire fuori di casa mi sembrava storia impossibile. Nuove domande imbarazzanti gliele ponevo sempre più spesso, a crudo: se amasse suo marito, se avevo speranze di ottenere il suo numero di cellulare, se aveva un senso chattare a quell'ora di notte. Lei si nascondeva dietro risposte sarcastiche, fughe dietro parole paradossali e complicate.
Mi squillò il Nokia alle 6.35 di quell'assurdo lunedì mattina.

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