martedì 21 giugno 2011

Amoressia





Un'altra nuvola di fumo acre prende forma e prende sostanza attorno ai miei contorni.
Sono dentro un casino, non ci sto dentro la mia testa, e se ci sto non vorrei proprio starci.
Questo vivere rasenta il nulla, un nulla di desideri dentro il giorno più lungo dell'anno, sentirsi come la chiesa ortodossa d'oriente.
Mi affaccio alla finestra, metto la testa fuori, la strada è annoiata e sullo sfondo ci sono dei toni scuri.
Alla tele c'è un break, c'è la pubblicità, ancora un'altra ora e arriverà l'esplosione.
Butto giù un drink tutto d'un fiato, la telecronaca di questa notte prende già da ora i ritmi esagerati.
Ho già sonno, sono un po' spento, ho i pensieri in rivolta e una zanzara che mi dichiara guerra.
Sto in coma, eccome, sono ancora in coma ma va bene, va bene così, cioè è solo vascorossi nel lettore mp3.
Mi sembra di recitare una parte, una parte gratuita, faccio la vittima, mai il carnefice né il carnivoro.
Non mi fanno fare il protagonista in questo dramma, mi pagano poco e in nero.
Il tempo pare di polistirolo, mi si sgretola tra le dita, o brucia e sprigiona fumi tossici.
Cerco calore dappertutto, ma poi mi rendo conto che fa un caldo della madonna e allora col telecomando accendo il climatizzatore.
E' come perdere una partita a tennis contro Roger Federer, che lui ha una bellezza che ti distrae e ti fa sbagliare battuta.
Di notte parlo coi fantasmi, è piacevole perché le domande e le risposte le faccio io.
E quando sogno non è mai un sogno serio, perché mi viene di guardarlo dal di fuori e appena lo faccio si dissolve.
Mi servirebbe un telecomando anche per i sogni, tipo quello del climatizzatore.
Io mi ci butterei anche di sotto, giusto perché almeno stanotte si parli di me.
E invece salto sul mio letto, come un matto, con addosso il pigiama a righe che mi regalò il mio amico al ritorno da Marbella.
Questa storia non finisce, né si ciba a sufficienza: necessitano con urgenza delle flebo.
Corro dal mio medico curante a farmele prescrivere.

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