domenica 19 giugno 2011

Tobacco Sunday Afternoon Blues

Mecap è appena entrato nel Tobacco, un bucodiculo di piùomeno 10 metriquadrati. Lo sgabello di fronte, con sopra il comp acceso su Facebook. Il Pelato dietro il bancone. Mecap guarda il Pelato, poi, come se non bastasse, guarda me. L’aria è afosa, schifosa, burrosa. Niente aria condizionata qui dentro. C’è poca gente in giro, quasi nessuno.
Dammi una sigaretta, dice Mecap, e pagatemi da bere...
C'ho lo stomaco a cazzo eppoi sto male da stanotte, dico io.
Una Tennent’s si potesse fare, dice Pelato.
Giusto due minuti non di più, dico io.
E’ ancora presto. S’era detto alle dieci, al massimo alle nove e mezza, non prima. Ellastronza ha disposto che non si farà nulla prima dell'ora prestabilita. Una serata architettata da tempo, ben congegnata, che Ellastronza ha studiato tutto alla perfezione: quella Troia ha sgarrato, e adesso deve cagare.
Pelato fuma nervosamente una marlborolight. Mecap dice di accendere di meglio, che quella smoke è nu cess. Il telefonino sul bancone. Pelato lo girarigira e se lo riguarda. Ellastronza non ha ancora chiamato.
Dammi un'altra smoke oppure accendi un fumo serio, dice Mecap sbuffando paranoico.
 Io mi giro dall'altro lato, fisso il raggio di sole sbilenco sulla vetrina del Tobacco. C'ho paura, non lo vorrei fare, ma Ellastronza mi sputtanerebbe in tutto il paese. E poi c'ho 'sto stomaco capasotto. Mecap fa un’espressione del tipo quando cazzo accendi una roba buona? Pelato ribadisce che si sta innervosendo e vuole da bere una cazzo di Tennent’s.
Mecap fuma con più calma, se no finisce per annozzarsi. Fa caldo, schifoso, burroso. Niente aria condizionata qui dentro.
La telefonata arriva. Il display dell'iPhone si illumina. Pelato fa uno scatto rapido, afferra l’aggeggino. Risponde sottovoce: Sì? Va bene, occhei. Chiude il contatto in fretta. Io comincio a perdere tempo armeggiando sul mio di telefonino.
La Troia è uscita mo' mo', dice il Pelato.
Guardo Mecap con uno sguardo fuggevole, del tipo chiudiamola qui e lasciamo perdere. Mecap fa finta di niente, continua a sfumacchiare e tossire e sgranchirsi la gola.
Il Pelato esce dal bancone con in mano l'iphone responsabile della telefonata di conferma di Ellastronza.
Vado fuori a cercare di calmarmi... e vado a prendermi da bere al bar, dice il Pelato.
Io sono intossicato di attesa nevrotica, faccio dentro e fuori dal Tobacco.
Allora vuoi accendere la Giusta o dobbiamo fare notte, dice Mecap.
Non voglio sentirlo parlare, cambio direzione, non voglio il suo sguardo di ostentata sufficienza.  Torna il Pelato con la Tennent's in mano, gelata come che ci voleva. Ha un fare schizzato, ha fretta. Troppa fretta. Ha riappoggiato il telefonino sul bancone.
Tra una mezz'ora chiudiamo e raggiungiamo Ellastronza, dice il Pelato.
Ha rotto il cazzo Ella..., dico io insofferente.
Se ha detto così si fa così, dice Mecap.
Al Pelato gli viene un impeto: afferra l'iphone, fa il numero di Ellastronza. Dopo un po' Ella risponde: che cazzo vuoi?
Niente, dice il Pelato, niente...
Mecap butta la siga oltre l'uscio del Tobacco, me' diamoci una mossa, dice. Il Pelato si scola il residuo di Tennent’s tutto d'un fiato, resta più insoddisfatto di prima.
Tiriamo giù la saracinesca del Tobacco, il sole sta andandosene a puttane dietro i i monti del subappennino. Ciinfiliamo in macchina. Un pensiero fisso. Scomodo. Pungente. Crudo.
Quella Troia maledetta...
Dove ci aspetta Ella?, dico io.
Sotto casa sua poi si va al Campo degli Ulivi, dice il Pelato.
E muoviti allora invece di dire stronzate, dice Mecap, oh, accendete un po' di roba che mi comincio a appallare.
Fa un cazzo di caldo, dice il Pelato.
E c'ho ancora lo stomaco imbastardito da stanotte, dico io.



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