martedì 24 gennaio 2012

La Solita Monnezza


Ho un mozzone velenoso tra le labbra umide. Ho lo sguardo storto, respiro profondo e creo pericolosi vortici d’aria. Sul palco per ora c'è una soapopera-band, una di quelle con con tastierina e dischetti degli ultimi trent’anni di musicapop. Non piovono ancora fischi, né uova marce né verdure né pietre.
- Che palle quest’ansia… – dico.
Il pop soporifero cala il sipario. Calano le luci, cala la notte viscida, cala il sangue nelle arterie.
Paura.
Salgo sul palco, siamo unopertutti tuttiperuno, moschettieri di Luigi XIV re del Grunge.
La batteria parte con cassa e charleston fuori tempo. Il suono dei bassi è tremulo, s’allunga più che può sulla lunga tastiera della notte giovane. Entro in scena con una rockdissonanza micidiale, riff bicorde veloce come un intercity in ritardo. Le luci della ribalta, le contorsioni da invasati tipo Kurt Cobain.
Le melodie abbrutiscono l’aria, note troppo oneste per sembrare un rock rabbioso. La piazza si immalinconisce ancora di più, alluvionata da quei suoni/latrati che aleggiano in cerca di spazi da colonizzare. Volano valanghe di fischi, urla sconciosconnesse, soap-parolacce, minacce di linciaggio. Questo pubblico soporiferizzato a arte da tastierine e dischetti, si rifiuta a priori di ascoltare quella catastrofe sonora.
E chi non ascolta non comprende.
- La solita monnezza… - commenta qualcuno.

Nessun commento:

Posta un commento