martedì 1 febbraio 2011

Il Male Dentro



La piazza è invariabile, monotona prospettiva di palazzi sfruttati dal tempo e dall’uomo mal restaurati. Vorrei sdraiarmi sul tavolino, Altrove, dormire sui miei rimorsi. Guardo l'insegna del bar e mi viene voglia di spararci sopra, anzi no: prima un colpo alla tempia, poi l'insegna. Impossibile. Cerco di non pensare, pensare troppo fa male.
Pensaretroppopensaretroppo.
I.M.D.
Il Male Dentro...
La bionda cameriera del bar s'intimorisce nel sentirmi parlare da solo. Si avvicina al tavolo e sistema le altre sedie per nascondere l'imbarazzo. Il caldo si taglia come fitte di dolore. La visuale è come una finestra aperta sulla piazza. Posizione scomoda sulla seggiola, atmosfera di non-rumore non-caos non-traffico. Un leggero venticello s'infila sotto la tovaglia del tavolino e la fa svolazzare come la gonna di Marylin Monroe: a qualcuno piace caldo.
Non mi sono fermato solo in questa piazza: mi sono fermato dentro di me.
La cameriera evita il mio sguardo sottile, io evito il suo, e-v-i-t-o. Le mie dita bianche stringono la pistola, mi dondolo sulla sedia, tiro su col naso, inspiro morte.
La mia Lei se la scopa un altro...
I.M.D...


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