domenica 26 maggio 2013

Un Euro Francese



Non c’è un verso, in questa questa sera senza direzioni. 
Lei ha voluto una vita tutta sua, lontano da me e dalla parodia di me stesso. Non si è disperata più di tanto, ha scritto questo epilogo senza consultarmi: essì che, modestamente, anch'io potevo mettere mano a questa nostra sceneggiata.
Be' lei non c’è più, né qui né altrove.
Puff!, sparita all’improvviso, nessun messaggio per comunicare l'anticipata dipartita. Ha scelto di andare via da me, lasciandomi la scritta in faccia "troppo tardi". Avrei pagato anche un euro per i suoi pensieri, glielo dissi fin dalla prima volta: eravamo ai Tre Archi, un euro per i tuoi pensieri. Ma era sempre sul punto di restituirmelo, il mio euro di conio francese, incapace di rivelare ciò che provava veramente. Un euro e l'avrei fatta entrare nella mia vita, un costo non proprio esoso, secondo me.
Esco dall’auto, colletto della camicia lilla stretto come un cappio. Mi sento come una torta a strati, dolce piacere dell’autolesionismo. Masochizzo questa sera e mi compiaccio di questo fesso epilogo. Questa ultima disfatta sentimentale mi tempera completamente la faccia e mi stira le rughe. Inciampo in una buca nella strada e in un buco di paranoiche illazioni, mi faccio dei flash senza sapore nella testa. Suonivoci che ruotano a velocità supersonica in una vertigine fraudolenta.
Arrivo in piazza e mi vedo: eccomi di nuovo da solo, seduto al tavolino del bar.

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